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Tradidi Quod Et Accepi

ADVENIAT REGNUM TUUM

 

Omelia di mons. Marcel Lefebvre del 29 agosto 1976
pronunciata nella ormai storica S. Messa di Lille (FR).

 

Miei cari amici, miei cari confratelli, miei cari fratelli,
prima di rivolgervi alcune parole di esortazione, vorrei dissipare dei malintesi, e prima di tutto su questa stessa riunione.

Voi potete vedere, dalla semplicità di questa cerimonia, che non abbiamo affatto preparato una cerimonia che avrebbe riunito una folla come quella che si trova in questa sala. Avevamo pensato che avremmo celebrato la Santa Messa del 29 agosto, come si era convenuto, in mezzo a qualche centinaio di fedeli della regione di Lille, come io faccio frequentemente in Francia, in Europa e anche in America, senza storia. Ed ecco che tutt’a un tratto questa data del 29 agosto è divenuta, per la stampa, per la radio, per la televisione, come una specie di manifestazione che somiglierebbe – dicono – ad una sfida. Ebbene, no! Questa manifestazione non è una sfida. Questa manifestazione siete voi che l’avete desiderata, cari fedeli, cari fratelli, che siete venuti qui da lontano. Perché? Per manifestare la vostra Fede cattolica. Per manifestare il vostro desiderio di pregare e di santificarvi come hanno fatto i nostri padri nella Fede, come hanno fatto generazioni e generazioni prima di noi.

Ecco qual è l’oggetto vero di questa cerimonia, nel corso della quale noi desideriamo pregare di cuore e adorare Nostro Signore Gesù Cristo, che scenderà tra pochi istanti su questo altare e che rinnoverà il Sacrificio della Croce di cui noi abbiamo tanto bisogno.

Vorrei dissipare anche un altro malinteso e, sono desolato, ma sono obbligato a dirlo: non sono io che mi sono definito capo dei tradizionalisti. Voi sapete chi l’ha fatto, poco tempo fa, in circostanze del tutto solenni e memorabili a Roma. Si è detto che Mons. Lefebvre era il capo dei tradizionalisti. Io non voglio essere affatto il capo dei tradizionalisti, e non lo sono. Perché? Perché sono anch’io un semplice cattolico, certo sacerdote, certo vescovo, ma che si trova nelle stesse condizioni nelle quali vi trovate voi e che ha le stesse reazioni davanti alla distruzione della Chiesa, davanti alla distruzione della nostra Fede, davanti alle rovine che s’accumulano sotto i nostri occhi.
Avendo avuto le stesse reazioni, ho pensato che fosse mio dovere formare dei sacerdoti, formare dei veri sacerdoti di cui la Chiesa ha bisogno. Questi sacerdoti, io li ho formati in una Fraternità San Pio X che è stata riconosciuta dalla Chiesa, e non ho fatto che quello che tutti i vescovi hanno fatto per secoli e secoli. Io non ho fatto altro che quello che ho fatto nei miei trent’anni di vita sacerdotale e che mi ha valso di essere vescovo, Delegato apostolico in Africa, membro della Commissione centrale preconciliare, Assistente al Soglio Pontificio. Chi potrebbe desiderare di più come prova che Roma considerava il mio lavoro come profittevole per la Chiesa e per il bene delle anime?
Ed ecco che allorché realizzo un’opera del tutto simile a quella che ho realizzato per trent’anni, ad un tratto vengo sospeso a divinis e forse presto scomunicato, separato dalla Chiesa, rinnegato, che so! E’ possibile? Anche quello che ho fatto per trent’anni era suscettibile di una sospensione a divinis? Penso invece che se in quei tempi io avessi formato dei seminaristi come li si forma oggi nei nuovi seminarii, allora sì che sarei stato scomunicato; se in quei tempi avessi insegnato il catechismo come lo si insegna oggi, allora mi avrebbero chiamato eretico. E se avessi celebrato la Santa Messa come la si celebra oggi, mi avrebbero sospettato di eresia e mi avrebbero posto fuori dalla Chiesa. E allora non capisco più. Qualcosa è proprio cambiata nella Chiesa ed è a questo che voglio arrivare.

Dobbiamo giustamente riandare alle ragioni che ci hanno fatto assumere questa attitudine. Oh! Attitudine estremamente grave, lo riconosco. Opporsi alle autorità più alte della Chiesa, essere sospeso a divinis, per un vescovo è una cosa grave, una cosa molto penosa. Come si può sostenere una cosa cosi, se non con delle ragioni eccessivamente gravi? Eh, sì! Le ragioni della nostra attitudine e della vostra attitudine, sono ragioni gravi: si tratta della difesa della nostra Fede. La difesa della nostra Fede! Ma allora, le autorità che si trovano a Roma metterebbero in pericolo la nostra Fede? Io non giudico queste autorità, io non voglio giudicarle come persone. Vorrei giudicarle, se posso dirlo, come il Sant’Uffizio giudicava un tempo un libro, e lo metteva all’Indice. Roma studiava il libro, non aveva bisogno di conoscere la persona che l’aveva scritto. Le era sufficiente studiare ciò che aveva davanti nelle dichiarazioni che erano scritte. E se queste dichiarazioni erano contrarie alla dottrina della Chiesa, il libro veniva condannato e messo all’Indice, senza che fosse necessario interpellare la persona. 
Certo, al Concilio, certi vescovi si sono ribellati contro questa procedura, dicendo: “E’ inammissibile che si metta all’Indice un libro quando non si è neanche ascoltato colui che l’ha scritto”. Ma non c’è il bisogno di vedere chi ha scritto il libro, se si ha in mano un testo assolutamente contrario alla dottrina della Chiesa. E’ il libro che è condannato, perché le parole che contiene sono contrarie alla dottrina cattolica, e non la persona che l’ha scritto.

E’ dunque in questo modo che noi dobbiamo giudicare le cose. Dobbiamo giudicarle dai fatti. Come ha detto molto bene Nostro Signore Gesù Cristo nel Vangelo che leggeremo tra poco e proprio a proposito, questi lupi che sono ammantati di pelle di pecora: «Dai loro frutti li riconoscerete». Ebbene! I frutti sono davanti a noi, sono evidenti, sono chiari. Questi frutti che vengono dal secondo concilio del Vaticano e dalle riforme postconciliari, sono dei frutti amari, dei frutti che distruggono la Chiesa.
E quando mi si dice: “non tocchi il Concilio, parli delle riforme postconciliari”, io rispondo che quelli che hanno fatto le riforme – e non sono io che ho fatto queste riforme – dicono loro stessi: “Le facciamo in nome del Concilio, abbiamo fatto la riforma del catechismo in nome del Concilio”. E questi sono le autorità della Chiesa. Sono loro che di conseguenza interpretano legittimamente il Concilio.

Ora, cos’è accaduto in questo Concilio? Possiamo saperlo facilmente leggendo i libri di coloro che sono stati proprio gli strumenti di questo cambiamento nella Chiesa, che si è prodotto sotto i vostri occhi. Leggete, per esempio: L’ecumenismo visto da un massone, di Marsaudon. Leggete il libro del senatore del [dipartimento] Doubs, il Signor Prélot: Il Cattolicesimo liberale, scritto nel 1969. Esso vi dirà che è il Concilio che è all’origine di questo cambiamento. Lui, cattolico liberale, lo dice nelle prime pagine del suo libro: “Abbiamo lottato per un secolo e mezzo per far prevalere le nostre opinioni all’interno della Chiesa, e non ci siamo riusciti. Infine è venuto il Vaticano II e noi abbiamo trionfato. Ormai, le tesi e i principii del cattolicesimo liberale sono definitivamente e ufficialmente accettati dalla Santa Chiesa”.
Pensate forse che questa non sia una testimonianza? Non sono io che dico questo. Ma lui lo dice trionfante, noi lo diciamo piangendo.

Cos’hanno infatti voluto i cattolici liberali per un secolo e mezzo? Sposare la Chiesa con la Rivoluzione, sposare la Chiesa con la sovversione, sposare la Chiesa con le forze distruttrici della società e di tutte le società: la società familiare, civile, religiosa. E questo matrimonio della Chiesa è scritto nel Concilio.
Prendete lo schema Gaudium et Spes, e vi troverete: “Bisogna sposare i princípii della Chiesa con le concezioni dell’uomo moderno”. E che vuol dire questo? Questo vuol dire sposare la Chiesa, la Chiesa cattolica, la Chiesa di Nostro Signore Gesù Cristo, con i princípii che sono contrarii a questa Chiesa, che la minano, che sono stati sempre contro la Chiesa.
Ed è esattamente questo matrimonio che è stato tentato nel Concilio da degli uomini di Chiesa, e non dalla Chiesa, poiché giammai la Chiesa potrebbe ammettere una cosa così. Proprio da un secolo e mezzo, tutti i Sommi Pontefici hanno condannato questo cattolicesimo liberale, hanno rifiutato questo matrimonio con le idee della Rivoluzione, con le idee di coloro che hanno adorato la “Dea Ragione”. I Papi non hanno mai potuto accettare una cosa simile. E durante questa rivoluzione, dei sacerdoti sono saliti al patibolo, dei religiosi sono stati perseguitati e anche assassinati. Vi ricordate i pontoni di Nantes, su cui furono ammassati tutti i sacerdoti fedeli e furono fatti affondare al largo? Ecco cosa ha fatto la Rivoluzione! Ebbene! E io ve lo dico, miei carissimi fedeli, quello che ha fatto la Rivoluzione è niente a confronto di ciò che ha fatto il concilio Vaticano II! Niente! E sarebbe stato meglio che i trenta, i quaranta, i cinquantamila preti che hanno abbandonato la loro talare, che hanno abbandonato il loro giuramento fatto davanti a Dio, fossero stati martirizzati, fossero saliti al patibolo… almeno avrebbero salvato la loro anima; mentre adesso rischiano di perderla.

Mi si dice che tra questi poveri preti, molti sono già divorziati, molti hanno fatto domanda di nullità del matrimonio, a Roma. Cosa significano queste cose?
E quanti religiosi – venti mila negli Stati Uniti – hanno abbandonato la loro congregazione religiosa e i loro giuramenti, che avevano fatto in maniera perpetua, hanno rotto il legame che avevano con Nostro Signore Gesù Cristo, per correre a sposarsi! Sarebbe stato meglio che anche loro fossero saliti al patibolo, almeno avrebbero testimoniato la loro Fede!

In definitiva, la Rivoluzione francese, quando faceva dei martiri, praticava l’adagio dei primi secoli: «Sanguis martyrum, semen christianorum», il sangue dei martiri è semenza dei cristiani. E lo sanno bene quelli che perseguitano i cristiani, ed hanno paura di fare dei martiri. E non si vuole più fare dei martiri! Questo è stato il culmine della vittoria del demonio: distruggere la Chiesa con l’obbedienza. Distruggere la Chiesa con l’obbedienza. E noi vediamo che la si distrugge tutti i giorni sotto i nostri occhi: i seminarii vuoti, questo bel seminario di Lille che era pieno di seminaristi, dove sono questi seminaristi? E cosa sono ancora questi seminaristi? Sanno cosa vuol dire essere sacerdoti? Sanno cosa faranno quando saranno sacerdoti? 
Ah! E questo proprio perché questa unione voluta dai cattolici liberali fra la Chiesa e la Rivoluzione è un’unione adultera! E da questa unione adultera non possono venire che dei bastardi. E chi sono questi bastardi? Sono i riti. Il rito della nuova messa è un rito bastardo. I sacramenti sono dei sacramenti bastardi. Noi non sappiamo più se sono dei sacramenti che danno la grazia o se non la danno più. Noi non sappiamo più se questa messa ci dà il Corpo e il Sangue di Nostro Signore Gesù Cristo o se non ce lo dà. I preti che escono dai seminarii, essi stessi non sanno più chi sono. E il cardinale di Cincinnati, a Roma, diceva perché non ci sono più vocazioni: perché la Chiesa non sa più cos’è un sacerdote. E allora, come potrebbe essa formare dei sacerdoti se non sa più cos’è un sacerdote?
I preti che escono dai seminarii sono dei preti bastardi. Essi non sanno più chi sono. Essi non sanno che sono fatti per salire all’altare, per offrire il Sacrificio di Nostro Signore Gesù Cristo, per dare Gesù Cristo alle anime e chiamare le anime a Gesù Cristo. Ecco cos’è un sacerdote, e i nostri giovani che sono qui lo capiscono bene. Tutta la loro vita sarà consacrata a questo, ad amare, ad adorare, a servire Nostro Signore Gesù Cristo nella Santa Eucarestia, perché ci credono, alla presenza di Nostro Signore nella Santa Eucarestia!

Questa unione adultera della Chiesa e della Rivoluzione si concretizza col dialogo. Se la Chiesa ha da dialogare è per convertire. Nostro Signore ha detto: «Andate, istruite tutte le nazioni, convertitele». Ma non ha detto: “dialogate con esse per non convertirle, per cercare di mettervi sul loro stesso piano”. L’errore e la verità non sono compatibili. Se si ha della carità per gli altri – e come ha appena ricordato il Vangelo, colui che ha la carità è colui che serve gli altri – se si ha della carità per gli altri, si deve dare loro Nostro Signore, si deve dare loro la ricchezza che si ha, non conversare con loro, dialogare con loro su un piede di parità. La verità e l’errore non sono su un piede di parità. Sarebbe come mettere Dio e il diavolo sullo stesso piano, poiché è il diavolo il padre della menzogna, il padre dell’errore.

Di conseguenza, noi dobbiamo essere dei missionarii. Noi dobbiamo predicare il Vangelo, convertire le anime a Gesù Cristo, e non dialogare con esse cercando di apprendere i loro princípii. Ed è questa volontà di dialogo con i protestanti che ci ha valso questa messa bastarda e questi riti bastardi. I protestanti ci hanno detto “non vogliamo la vostra messa perché comporta delle cose incompatibili con la nostra fede protestante, quindi cambiate questa messa e noi potremo pregare con voi, potremo fare con voi delle intercomunioni, potremo ricevere i vostri sacramenti, voi potrete venire nelle nostre chiese e noi andare nelle vostre, e tutto sarà finito e avremo l’unità”.
Sì, avremo l’unità, ma nella confusione, nella bastardaggine. Noi non vogliamo questo. Mai la Chiesa l’ha voluto. Noi amiamo i protestanti, noi vorremmo convertirli, ma non è amarli, il far credere loro che hanno la stessa religione della religione cattolica.

E lo stesso accade con i massoni. Oggi si vuole dialogare con i massoni, non solo dialogare con loro, ma permettere ai cattolici di far parte della Massoneria. Ed è ancora un dialogo abominevole. Noi sappiamo perfettamente che le persone che dirigono la Massoneria, almeno i responsabili, sono necessariamente contro Nostro Signore Gesù Cristo. E queste messe nere che fanno, queste messe abominevoli, sacrileghe, orribili che fanno. Sono delle parodie della Messa di Nostro Signore! Ed essi vogliono delle ostie consacrate per fare queste messe nere! Essi sanno che Nostro Signore è nell’Eucarestia, perché il diavolo lo sa che Nostro Signore è nell’Eucarestia! Essi non vogliono delle ostie che vengono da messe di cui non sanno se c’è il Corpo di Nostro Signore o no. 
Allora, dialogare con gente che vuole la morte di Nostro Signore per la seconda volta, nella persona dei suoi membri, nella persona della Chiesa? Noi non possiamo ammettere questo dialogo! Noi sappiamo che cosa ha comportato il dialogo col diavolo, il primo dialogo di Eva col diavolo. Non si dialoga col diavolo. Si predica a tutti quelli che sono sotto l’influenza del diavolo, affinché si convertano e vengano a Nostro Signore Gesù Cristo.

Non si dialoga con i comunisti. Si dialoga con le persone. Ma non si dialoga con l’errore. Noi sappiamo che cosa accadrebbe se gli eserciti raggruppati dietro la cortina di ferro la passassero, se un giorno, dopo le numerose sedute del soviet supremo, si arrivasse ad una maggioranza perché questi eserciti piombino sui nostri paesi in cinque giorni…

Miei cari fratelli, non siate turbati. Lasciamo coloro che non comprendono le cose come noi, ma chiediamo al buon Dio di darci la luce.

Ma precisamente, perché noi siamo fortemente risoluti a non accettare questa unione adultera della Chiesa con la Rivoluzione? Perché noi affermiamo la divinità di Nostro Signore Gesù Cristo. Perché Pietro è stato fatto Pietro? Ricordatevi del Vangelo. Pietro è diventato Pietro perché ha professato la divinità di Nostro Signore Gesù Cristo. E anche tutti gli Apostoli hanno professato questa Fede pubblicamente, dopo la Pentecoste, e sono stati perseguitati immediatamente. I capi dei sacerdoti hanno detto loro: “Non parlate più di questo nome, non vogliamo più sentire questo nome: Nostro Signore Gesù Cristo”. E gli Apostoli hanno risposto: «Non possumus, non possiamo non parlare di Nostro Signore Gesù Cristo, del nostro Re». 
Ma voi mi direte: E’ possibile? Lei sembra accusare Roma di non credere nella divinità di Nostro Signore Gesù Cristo!
Il liberalismo ha due facce: afferma la verità, che esso pretende sia la tesi, e poi nella realtà, nella pratica, nell’ipotesi, com’esso dice, agisce come i nemici della Chiesa. Di modo che si è sempre nell’incoerenza.

Ma che vuol dire la divinità di Nostro Signore Gesù Cristo? Che Nostro Signore è la sola persona al mondo, il solo essere umano al mondo che ha potuto dire: «Io sono Dio». E per il fatto stesso che ha potuto dire: «Io sono Dio», Egli è stato il solo Salvatore dell’umanità, Egli è stato il solo Sacerdote dell’umanità, Egli è stato il solo Re dell’umanità. Per la Sua natura, e non per privilegio, né per titolo, per la Sua natura, perché è il Figlio di Dio!

Ora, adesso cosa dicono? Non vi è salvezza solo in Gesù Cristo. Vi è salvezza al di fuori di Nostro Signore Gesù Cristo. Non vi è sacerdozio solo in Nostro Signore Gesù Cristo. Tutti i fedeli sono sacerdoti, tutti sono sacerdoti, mentre invece bisogna partecipare sacramentalmente al sacerdozio di Nostro Signore Gesù Cristo per poter offrire il Santo Sacrificio della Messa.

E infine, terzo errore. Non si vuole più il Regno sociale di Nostro Signore Gesù Cristo, col pretesto che non è più possibile. E questo, io l’ho sentito dalla bocca del Nunzio di Berna, l’ho sentito dalla bocca dell’inviato del Vaticano, il Padre Dhanis, antico rettore dell’Università gregoriana, che è venuto a chiedermi a nome della Santa Sede di non fare le ordinazioni del 29 giugno. Egli era a Flavigny, il 27 giugno, mentre io predicavo il ritiro ai seminaristi. E mi ha detto: “Perché sei contro il Concilio?” E io gli ho risposto: «E’ possibile accettare il Concilio quando in nome del Concilio voi dite che bisogna distruggere tutti gli Stati cattolici, che non servono più Stati cattolici, dunque Stati su cui regna Nostro Signore Gesù Cristo? Questo non è più possibile!». 
Ma una cosa è che questo non sia più possibile, altra cosa è che noi si prenda questo come principio e di conseguenza non si ricerchi più questo Regno di Nostro Signore Gesù Cristo. 
Che diciamo allora tutti i giorni nel Padre Nostro: «Venga il Tuo Regno, sia fatta la Tua Volontà, così in terra come in Cielo»? Che cos’è questo Regno? Proprio adesso voi avete cantato nel «Gloria»: «Tu solus Dominus, Tu solus Altissimus, Jesu Christe. - Tu solo il Signore, Tu solo l’Altissimo, Gesù Cristo». Ecco, noi lo cantiamo, e una volta usciti diciamo poi: «No, non serve più che Nostro Signore Gesù Cristo regni su di noi»? Ma allora viviamo nell’illogismo, siamo cattolici o no? Siamo cristiani o no?

Non vi sarà pace su questa terra se non nel Regno di Nostro Signore Gesù Cristo. Gli Stati dibattono ogni giorno; nei giornali vi sono pagine e pagine, alla televisione, alla radio, e anche adesso con il cambio del Primo Ministro. Che faremo per raddrizzare la situazione economica? Che faremo per il ritorno del denaro? Che faremo perché le industrie prosperino? Tutti i giornali del mondo intero ne sono pieni.
Ebbene! Anche dal punto di vista economico, bisogna che Nostro Signore Gesù Cristo regni. Perché il Regno di Nostro Signore Gesù Cristo è giustamente il regno di quei princípii d’amore che sono i comandamenti di Dio e che mettono equilibrio nella società, che fanno regnare la giustizia e la pace nella società. Ed è solo nell’ordine, nella giustizia e nella pace nella società che l’economia può reggere, che l’economia può rifiorire. Lo si vede bene. Prendete il caso della Repubblica Argentina. In quale stato si trovava solo due o tre mesi fa? Una anarchia completa, i briganti che uccidevano a destra e a manca, le industrie completamente rovinate, i proprietarii delle fabbriche rinchiusi e presi in ostaggio, una rivoluzione inverosimile. In un paese tuttavia così bello, così equilibrato, così simpatico come la Repubblica Argentina. Una Repubblica che potrebbe essere di una prosperità incredibile, con delle ricchezze straordinarie. Viene un governo d’ordine, che ha dei princípii, che ha un’autorità, che mette un po’ d’ordine negli affari, che impedisce ai briganti di uccidere gli altri, ed ecco che l’economia si riprende, che gli operai hanno del lavoro e che possono rientrare a casa sapendo che non saranno malmenati da qualcuno che li vorrebbe fare scioperare quand’essi non lo vogliono.

E’ il Regno di Nostro Signore Gesù Cristo che vogliamo, e professiamo la nostra Fede dicendo che Nostro Signore Gesù Cristo è Dio. Ed è per questo che noi vogliamo anche la Messa detta di San Pio V: perché questa Messa è la proclamazione della regalità di Nostro Signore Gesù Cristo. La nuova messa è una specie di messa ibrida, che non è più gerarchica, che è democratica, in cui l’assemblea occupa più posto del prete, e quindi non è più una Messa vera che afferma la regalità di Nostro Signore Gesù Cristo. Perché, come è divenuto Re nostro Signore? Egli ha affermato la Sua regalità con la Croce. «Regnavit a ligno Deus», Gesù Cristo ha regnato col legno della Croce. Perché ha vinto il peccato, ha vinto il demonio, ha vinto la morte con la Sua Croce! Sono quindi queste tre magnifiche vittorie di Nostro Signore Gesù Cristo. Si dirà che si tratta di trionfalismo. Ebbene! Sì! Certo, noi vogliamo proprio il trionfalismo di Nostro Signore Gesù Cristo. E’ per questo che i nostri antenati hanno costruito queste magnifiche cattedrali. Perché hanno speso tanto denaro, queste persone che erano molto più povere di noi? Perché hanno speso tanto tempo per costruire queste magnifiche cattedrali che sono ammirate ancora oggi, perfino da coloro che non ci credono? Perché? Per l’altare! Per Nostro Signore Gesù Cristo. Per marcare il trionfo della Croce di Nostro Signore Gesù Cristo. Ebbene! Sì! Noi nella nostra Messa vogliamo professare il trionfo della Croce di Nostro Signore Gesù Cristo. Ed è per questo che ci inginocchiamo, che amiamo inginocchiarci davanti alla Santa Eucarestia. Se avessimo tempo, se non volessimo trattenervi troppo, avremmo girato in mezzo a voi con il Santissimo Sacramento, perché poteste manifestare a Nostro Signore Gesù Cristo, alla Sua Santa Eucarestia, che voi l’adorate: «Signore, Tu sei il nostro Dio! Oh! Gesù Cristo, noi Ti adoriamo! Noi sappiamo che è da Te che siamo nati, che è da Te che siamo diventati cristiani, che è da Te che siamo stati riscattati, che sei Tu che ci giudicherai nell’ora della nostra morte. Che sei Tu che ci donerai la gloria del Cielo se l’avremo meritata».
Poiché Nostro Signore Gesù Cristo è presente nella Santa Eucarestia come Lo era nella Croce.

Ecco cosa dobbiamo fare, ecco cosa dobbiamo chiedere.
Noi non siamo contro alcuno. Noi non siamo dei commandos. Noi non vogliamo male ad alcuno. Noi vogliamo solo che ci si lasci professare la nostra Fede in Nostro Signore Gesù Cristo. E’ a causa di questo che ci si caccia dalle nostre chiese, che si cacciano quei poveri sacerdoti che celebrano la Messa tradizionale con la quale si sono santificati tutti i nostri santi: Santa Giovanna d’Arco, il Santo Curato d’Ars, Santa Teresa del Bambino Gesù. Ed ecco che dei sacerdoti vengono cacciati, crudelmente, brutalmente, dalle loro parrocchie perché celebrano questa Messa che ha santificato dei santi per secoli! Questo è assurdo! Direi quasi che è roba da pazzi. E noi ci chiediamo se stiamo sognando! Non è possibile che questa Messa sia divenuta una specie di orrore per i nostri vescovi, per quelli che dovrebbero conservare la nostra Fede.
Ebbene! Noi conserveremo la Messa di San Pio V! Perché? Perché la Messa di San Pio V rappresenta la nostra Fede, essa è un bastione per la nostra Fede e noi abbiamo bisogno di questo bastione per la nostra Fede.

Allora, ci si dirà che noi ne facciamo una questione di latino e di talare. Evidentemente, è facile screditare in questo modo coloro con i quali non si è d’accordo. Certo, il latino ha la sua importanza, e quand’ero in Africa era magnifico vedere tutte quelle folle africane che avevano lingue diverse – c’erano talvolta cinque, sei tribù diverse che non si capivano – assistere alla Messa nelle nostre chiese, cantando gli stessi canti in latino con un fervore straordinario. Andate a vedere adesso: essi bisticciano nelle chiese perché si dice la messa in una lingua che non è la loro e chiedono che vi sia una messa nella loro lingua. E’ la confusione totale! Mentre un tempo c’era una perfetta unità. E’ un esempio. Senza dubbio, l’avrete notato, noi abbiamo letto in francese l’Epistola e il Vangelo, non vi vediamo assolutamente alcun inconveniente, e non vedremmo alcun inconveniente anche se ci fosse qualche preghiera in comune in francese. Ma ci sembra che comunque il corpo della Messa, l’essenziale della Messa che va dall’Offertorio alla Comunione del sacerdote, debba rimanere in un’unica lingua, affinché tutti gli uomini di tutte le nazioni possano assistere insieme alla Messa e sentirsi uniti in questa unità della Fede, in questa unità della preghiera. 

Così noi chiediamo veramente, rivolgiamo un appello ai vescovi e rivolgiamo un appello a Roma, perché vogliamo prendere in considerazione il desiderio che abbiamo di pregare come i nostri antenati, il desiderio che abbiamo di conservare la Fede cattolica, il desiderio che abbiamo di adorare Nostro Signore Gesù Cristo e di volere il Suo Regno. E’ questo che ho scritto al Santo Padre nella mia ultima lettera – e credo proprio che sia l’ultima, perché non penso che il Santo Padre vorrà ancora mandarmi altre lettere – gli ho scritto: “Santissimo Padre, ridateci il diritto pubblico della Chiesa, e cioè il Regno di Nostro Signore Gesù Cristo; ridateci la vera Bibbia e non una bibbia ecumenica, ma la vera Bibbia che un tempo era la Vulgata e che è stata tante e tante volte consacrata dai concilii e dai papi; ridateci la vera Messa, la Messa gerarchica, la Messa dogmatica che difende la nostra Fede e che è stata quella di tanti e tanti secoli e che ha santificato tanti cattolici; infine, ridateci il nostro catechismo che segue il modello del Concilio di Trento, poiché senza un catechismo preciso, che sarà domani dei nostri figli? Che ne sarà delle generazioni future? Esse non conosceranno più la Fede cattolica, e noi lo constatiamo già adesso.”

Ecco! Non ho avuto alcuna risposta, se non la sospensione a divinis! Ed è per questo che io non considero queste punizioni come punizioni valide, sia canonicamente, sia teologicamente. Io penso, in tutta sincerità, in tutta pace, in tutta serenità, che non posso contribuire, con queste sospensioni, con queste punizioni con cui sono colpito, con la chiusura dei miei seminarii, col rifiuto di fare delle ordinazioni, alla distruzione della Chiesa  cattolica. Io considero che nell’ora della mia morte, quando Nostro Signore mi chiederà: “Che ne hai fatto della tua grazia episcopale e sacerdotale?” io non abbia a sentire dalla bocca del Signore: “Tu hai contribuito con gli altri a distruggere la Chiesa”.

Miei carissimi amici, termino dicendovi: “Che dovete fare?” 
Oh! Io lo so bene, molti gruppi mi chiedono: “Monsignore, dateci dei sacerdoti, dateci dei veri sacerdoti, è di questo che abbiamo bisogno. Noi abbiamo il posto per loro, costruiremo una piccola cappella ed essi staranno là con noi, istruiranno i nostri figli secondo il vero catechismo, secondo la vera Fede. Noi vogliamo conservare la vera Fede, come hanno fatto i Giapponesi per tre secoli, quando non avevano più sacerdoti. Dateci dei sacerdoti!” 
Ebbene! Miei cari fratelli, io farò tutto il possibile per prepararveli e posso dire che è la mia grande consolazione sentire in questi seminarii una Fede profonda, da veri sacerdoti. Essi hanno capito cos’è Nostro Signore Gesù Cristo. Essi hanno capito cos’è il Santo Sacrificio della Messa, i sacramenti. Essi hanno una Fede profondamente radicata nel loro cuore. Essi sono – se posso dirlo – meglio di quello che potevamo essere cinquant’anni fa nei nostri seminarii, perché essi vivono, giustamente, in una situazione difficile. Molti di loro peraltro, hanno fatto degli studii universitarii. E ci si rinfaccia che non sarebbero adatti, non saprebbero parlare alle generazioni moderne. Ma allora, dei giovani che hanno fatto tre, quattro, cinque anni d’Università, non conoscerebbero la loro generazione? Perché sono venuti allora a Ecône per diventare sacerdoti? Proprio per rivolgersi alla loro generazione. Essi la conoscono bene, meglio di noi, meglio di tutti quelli che ci criticano. E quindi saranno capaci di parlare il linguaggio necessario per convertire le anime. Ed è per questo – e sono molto felice di dirlo – che quest’anno avremo ancora 25 nuove reclute nel seminario di Ecône, malgrado le difficoltà, e ne avremo dieci nuove nel nostro seminario degli Stati Uniti, a Armada, e quattro nuove nel nostro seminario di lingua tedesca, nella Svizzera tedesca. 

Come vedete, malgrado le difficoltà che ci vengono fatte, i giovani comprendono molto bene che noi formiamo dei veri sacerdoti cattolici. Ed è per questo che noi non siamo nello scisma: noi siamo i continuatori della Chiesa cattolica. Sono quelli che s’inventano le novità ad essere nello scisma. Noi continuiamo la Tradizione, ed è per questo che dobbiamo avere fiducia, che non dobbiamo disperare perfino davanti alla situazione attuale. 
Noi dobbiamo mantenere, mantenere la nostra Fede, mantenere i nostri sacramenti, poggiati su venti secoli di Tradizione, poggiati su venti secoli di santità della Chiesa, di Fede della Chiesa. Non dobbiamo temere.
Certi giornalisti, qualche volta mi hanno chiesto: “Monsignore, si sente isolato?”. “Nient’affatto, nient’affatto, non mi sento isolato, io sono in compagnia di venti secoli di Chiesa e di tutti i santi del Cielo”. Perché? Perché essi hanno pregato come noi, perché si sono santificati, come cerchiamo di fare noi, con gli stessi mezzi.
Allora, sono convinto che essi gioiscono per questa assemblea di oggi; e dicono: “Ecco almeno dei cattolici che pregano, che pregano veramente, che hanno veramente nel cuore questo desiderio di preghiera, questo desiderio di onorare Nostro Signore Gesù Cristo.”
I santi del Cielo gioiscono. Non dobbiamo essere sconfortati, ma preghiamo, preghiamo e santifichiamoci.

Ed ora vorrei darvi un consiglio. Bisogna che si dica di noi di quei cattolici che siamo; io non amo il termine cattolici tradizionalisti, perché non vedo cosa possa essere un cattolico che non sia tradizionalista, dato che la Chiesa è una Tradizione; e d’altronde che sarebbero degli uomini che non fossero nella Tradizione? Non potrebbero vivere: noi abbiamo ricevuto la vita dai nostri genitori, abbiamo ricevuto l’educazione da quelli che c’erano prima di noi, noi siamo una tradizione. Il buon Dio ha voluto così. Il buon Dio ha voluto che delle tradizioni passassero da generazione a generazione, sia per le cose umane sia per le cose divine. Di conseguenza, non essere tradizionali, non essere tradizionalisti significa la distruzione di noi stessi: è un suicidio; ed è perché siamo cattolici che continuiamo a rimanere cattolici; vi dicevo che non devono esserci divisioni tra noi. Proprio perché siamo cattolici, noi siamo nell’unità della Chiesa, l’unità della Chiesa che è nella Fede.

Allora ci si dice: “dovete essere col Papa, il Papa è il segno di Fede nella Chiesa”. Sì, nella misura in cui il Papa manifesta il suo stato di successore di Pietro, nella misura in cui egli si fa eco della Fede di sempre, nella misura in cui egli trasmette il tesoro che deve trasmettere. Perché, ancora una volta, chi è il Papa, se non colui che ci dà i tesori della Tradizione e il tesoro del Deposito della Fede e la vita soprannaturale per mezzo dei sacramenti e del Sacrificio della Messa? Il vescovo non è altro, il sacerdote non è altro che colui che trasmette la verità, che trasmette la vita che non gli appartiene. L’Epistola lo ha appena detto: la verità non ci appartiene. Essa non appartiene né al Papa né a me. Egli è il servitore della verità, come anch’io debbo essere il servitore della verità. Se accadesse che il Papa non fosse più il servitore della verità, non sarebbe più Papa. Io non dico che egli non lo sia più – beninteso – non fatemi dire quello che non ho detto -, ma se accadesse che fosse vero, noi non potremmo seguire qualcuno che ci condurrebbe nell’errore. E’ evidente.

Ci si dice: “Voi giudicate il Papa”. Ma dov’è il criterio della verità? Mons. Benelli mi ha rinfacciato: “Non è lei che la fa verità”. Certo, non sono io che faccio la verità, ma neanche il Papa. La Verità è Nostro Signore Gesù Cristo, e quindi, per sapere dov’è la verità, dobbiamo ricondurci a quello che ci ha insegnato Nostro Signore Gesù Cristo, a quello che ci hanno insegnato i Padri della Chiesa e tutta la Chiesa. 
Non sono io che giudico il Papa, è la Tradizione.

Anche un bambino di cinque anni può rispondere al suo vescovo. Se il suo vescovo gli arrivasse a dire: “Nostro Signore non è presente nella Santa Eucarestia. Sono io che sono il testimone della verità che ti dico che Nostro Signore non è presente nella Santa Eucarestia”. Ebbene! Questo bambino, che malgrado i suoi cinque anni ha il suo catechismo, gli risponde: “Ma il mio catechismo dice il contrario”. Chi ha ragione? Il vescovo o il catechismo? Evidentemente il catechismo, che rappresenta la Fede di sempre e che è semplice, è infantile come ragionamento.
Ma noi ci troviamo nella stessa situazione. Se oggi ci si dice che si può fare l’intercomunione con i protestanti, che non c’è più differenza fra noi e i protestanti, Ebbene! Questo non è vero! Vi è una differenza immensa.
Ecco perché siamo veramente stupefatti quando pensiamo che si è fatta impartire la benedizione all’arcivescovo di Canterbury, che non è prete, perché le ordinazioni anglicane non sono valide – come ha dichiarato papa Leone XIII ufficialmente e definitivamente -, e che è eretico come lo sono tutti gli anglicani – mi dispiace, non amo neanche questo termine, ma è questa la realtà, ed io l’impiego non per insultare, perché non chiedo che la sua conversione -; quando si pensa quindi che questi è un eretico e che gli si chiede di benedire col Santo Padre la folla dei cardinali e dei vescovi presenti nella chiesa di San Paolo! E’ una cosa assolutamente inconcepibile!

Concludo ringraziandovi d’essere venuti numerosi, ringraziandovi anche di continuare a fare di questa cerimonia, una cerimonia profondamente pia, profondamente cattolica.
Pregeremo dunque insieme, chiedendo al buon Dio di darci i mezzi per risolvere le nostre difficoltà. Sarebbe così semplice che ogni vescovo, nella sua diocesi, mettesse a nostra disposizione, a disposizione dei cattolici fedeli, una chiesa, dicendo loro: «Ecco questa chiesa è vostra». Quando si pensa che il vescovo di Lille ha donato una chiesa ai musulmani, io non vedo perché non vi sarebbe una chiesa per i cattolici della Tradizione. E in definitiva, la questione sarebbe risolta. Ed è questo che chiederò al Santo Padre se vorrà ricevermi: «Lasciateci fare, Santissimo Padre, l’esperienza della Tradizione. In mezzo a tutte le esperienze che si fanno attualmente, che vi sia almeno l’esperienza di ciò che è stato fatto per venti secoli!»

Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Così sia.

+ Marcel Lefebvre

 

Da:http://www.sanpiox.it/articoli/testi-di-mons-lefebvre/1843-adveniat-regnum-tuum-a-quarant-anni-dalla-messa-di-lille

 

 

 

 

Aveva ragione lui, Lefebvre: a cinquant'anni dal Concilio Vaticano II, ecco i frutti.

Aveva ragione lui: Lefebvre, a cinquant'anni dal Concilio Vaticano II ESCAPE='HTML'

Consacrazione dei Quattro Vescovi: la Scomunica

Il 30 giugno 1988 - nonostante una formale ammonizione della Santa Sede - Marcel Lefebvre consacrò - con la partecipazione di Antonio de Castro Mayer - quattro vescovi: Bernard Fellay, Bernard Tissier de Mallerais, Richard Williamson e Alfonso de Galarreta, incorrendo ipso facto nella scomunica latae sententiae; la scomunica colpì i due vescovi consacranti [Lefebvre e de Castro Mayer] e i quattro giovani vescovi appena consacrati. Giovanni Paolo II, con il motu proprio Ecclesia Dei, formalizzò la scomunica adducendo come causa la disobbedienza al Romano Pontefice e l'atto scismatico che, secondo il Papa, è la conseguenza di un'incompleta e contraddittoria nozione di Tradizione. Il 24 gennaio 2009, Benedetto XVI revocò la scomunica ai vescovi ancora viventi della Fraternità Sacerdotale San Pio X. I due vescovi, Lefebvre e de Castro Mayer, morirono entrambi nel 1991, a distanza di un mese l'uno dall'altro: Lefebvre morì il 25 marzo e de Castro Mayer il 25 aprile.

 

LO HANNO DETRONIZZATO. DAL LIBERALISMO ALL'APOSTASIA. LA TRAGEDIA CONCILIARE.

Capitolo X - La libertà religiosa sotto la condanna dei Papi - seguito

II MOTIVO DELLA CONDANNA

 I Papi, l’avete notato nei testi precedenti, si premurano di risalire alle cause e di denunciare le origini liberali del diritto alla libertà religiosa: ad essere denunciato è essenzialmente il liberalismo naturalista e razionalista, che pretende che la ragione umana sia l’unica arbitra del bene e del male (razionalismo), che spetti a ciascuno di decidere se deve adorare o no (indifferentismo), e infine che lo Stato sia l’origine di ogni diritto (monismo statalista).

 Da questo, certi teologi moderni hanno creduto di poter inferire tre tesi:

 1) I Papi non hanno condannato la libertà religiosa in se stessa, ma soltanto perché essa appariva «come conseguente ad una concezione naturalista dell’uomo» (84), o perché «derivava dalla prima premessa del razionalismo naturalista» (85) o dalle altre due: «al di là delle conseguenze (libertà religiosa), questi sono i princìpi qui presi di mira: la Chiesa condanna il razionalismo, l’indifferentismo e il monismo statalista» (86), punto e basta.

 2) Posti dinanzi alle manifestazioni concrete dei princìpi moderni (lotta contro il potere temporale del Papato, laicizzazione delle Costituzioni, spoliazione della Chiesa, ecc.), i Papi avrebbero «mancato della serenità necessaria per giudicare con assoluta obiettività il sistema delle libertà moderna cercando di tener conto del bene e del male»; «era inevitabile che il primo riflesso di difesa fosse un atteggiamento di condanna totale» (87); era difficile a questi Papi «riconoscere un valore al contenuto quando la motivazione era ostile ai valori religiosi… così, per molto tempo, l’ideale espresso dai diritti dell’uomo fu visto sotto una cattiva luce, perché non vi si riusciva a riconoscere la lontana eredità del Vangelo» (88).

 3) Ma oggi è possibile riscoprire la parte di verità cristiana contenuta nei princìpi del 1789 e in tal modo riconciliare la Chiesa con le libertà moderne, in particolare con la libertà religiosa. Padre Congar è stato il primo a tracciare la linea da seguire a tal riguardo:

«Non si poteva riconciliare la Chiesa con un certo mondo moderno introducendo tali e quali nella Chiesa le idee di questo mondo moderno; ciò supponeva un lavoro in profondità, grazie al quale i princìpi perenni del cattolicesimo prendessero uno sviluppo nuovo, assimilando, dopo averli decantati e al bisogno purificati, gli apporti validi di questo mondo moderno» (89).

 L’anno seguente Roger Aubert si fece portavoce fedele di questa opinione: parlando dei collaboratori de «L’Avenir», giornale cattolico-liberale di Lamennais del XIX secolo, afferma:

 «Non si erano sufficientemente curati di ripensare i princìpi che avrebbero permesso, mediante i discernimenti e le purificazioni necessarie, di assimilare al cristianesimo le idee di democrazia e di libertà che, nate al di fuori della Chiesa, si erano sviluppate in uno spirito ostile a quest’ultima» (90).

 Ebbene, il Vaticano II ha affermato che il lavoro di purificazione e di assimilazione dei princìpi del 1789 era il suo principale obiettivo:

«In questa luce [della fede], il Concilio si propone innanzitutto di esprimere un giudizio su quei valori che oggi sono in grandissima stima [diritti dell’uomo, libertà, tolleranza, ecc.] e di ricondurli alla loro divina sorgente. Questi valori, infatti, in quanto procedono dall’ingegno umano che all’uomo è stato dato da Dio, sono in sé ottimi, ma per effetto della corruzione del cuore umano non raramente vengono distorti dalla loro debita ordinazione, per cui hanno bisogno di essere purificati» (91).

 Ed è appunto questo che il Concilio ha realizzato, ci assicura il Cardinale Ratzinger:

 «Il problema degli anni Sessanta era quello di acquisire i migliori valori espressi da due secoli di cultura “liberale”. Sono infatti valori che, pur se nati al di fuori della Chiesa, possono trovare il loro posto – purificati e corretti – nella sua visione del mondo. Ed è questo che è stato fatto» (92).

 Ho voluto citarvi tutti questi testi che mostrano il consenso schiacciante di tutti quei teologi che hanno preparato, realizzato e condotto a termine il Concilio. Ma queste affermazioni, che arrivano a ripetersi l’un l’altra  parola per parola, altro non sono che una spaventosa impostura. Affermare che i Papi non hanno scorto quel che c’è di verità cristiana nei princìpi del 1789 è drammatico! Esaminiamo più da vicino:

 1) Certo i Papi hanno condannato il razionalismo, l’indifferentismo dell’individuo e il monismo statalista. Ma non hanno condannato solo questo! Hanno proprio condannato le libertà moderne in se stesse. La libertà religiosa viene condannata per quel che è, e non in ragione delle sue motivazioni storiche dell’epoca; perché, tanto per fare un esempio, il liberalismo di un Lamennais (condannato da Gregorio XVI) non è il liberalismo assoluto e ateo dei filosofi del XVIII secolo (condannato da Leone XIII in Immortale Dei), e ciò nondimeno tutti questi liberali, quali che fossero i loro princìpi talvolta molto diversi o le loro sfumature, hanno rivendicato la stessa libertà religiosa. Quel che è comune a tutti i liberalismi è la rivendicazione del diritto a non essere molestati dal potere civile nell’esercizio pubblico della religione scelta; il loro denominatore comune (come dice il Cardinale Billot) è l’affrancamento da ogni costrizione in materia religiosa. E questo i Papi lo hanno condannato, e ve lo mostrerò in un attimo.

 2) È un’empietà ed un’ingiustizia verso i Papi dire loro: «voi avete coinvolto nella medesima condanna i falsi princìpi del liberalismo e le buone libertà che esso propone; voi avete commesso un errore storico». Non sono i Papi che hanno fatto un errore storico o che erano prigionieri delle circostanze storiche, sono piuttosto proprio questi teologi ad essere imbevuti del pregiudizio storicista, anche se lo negano (93). Eppure basta leggere le esposizioni storiche di Roger Aubert e J. Courtney Murray sulla libertà religiosa per constatare che costoro relativizzano sistematicamente gli enunciati del magistero dei Papi del XIX secolo secondo un principio che si può così illustrare: «ogni enunciato dottrinale del magistero è strettamente relativo al suo contesto storico, in modo tale che mutando il contesto, la dottrina può cambiare». Non ho bisogno di dirvi quanto questo relativismo e questo evoluzionismo dottrinale siano contrari alla stabilità della roccia di Pietro in mezzo alle fluttuazioni umane, e in definitiva contrari alla Verità immutabile che è Nostro Signore Gesù Cristo. Questi teologi, infatti, non sono teologi, e nemmeno dei buoni storici, perché non hanno nozione alcuna della verità o di una dottrina perenne della Chiesa, soprattutto in materia sociale e politica, perché si perdono nei meandri della loro erudizione e sono prigionieri dei loro sistemi di interpretazioni; sono teste infarcite, non teste pensanti. Pio XII aveva ben ragione di condannare col nome di storicismo la loro teologia da banderuole:

«A questo si aggiunge un falso storicismo che, applicandosi ai soli avvenimenti della vita umana, rovescia i fondamenti di ogni verità e di ogni legge assoluta, sia per quel che concerne la filosofia che gli stessi dogmi cristiani» (94).

 3) Quanto a riconciliare la Chiesa con le nuove libertà, ciò costituirà effettivamente tutto lo sforzo del Vaticano II, in Gaudium et spes e nella dichiarazione sulla libertà religiosa; ritornerò su questo tentativo, destinato sin dall’inizio a fallire, di sposare la Chiesa alla Rivoluzione.

 

***

 

Per il momento ecco i veri motivi, immediati e concreti, della condanna della libertà religiosa da parte dei Papi del XIX secolo, motivi sempre validi, come si può giudicare: essa è assurda, empia, e porta i popoli all’indifferenza religiosa: io riprendo le stesse parole dei Papi:

 - Assurda, la libertà religiosa lo è, perché accorda eguale diritto alla verità e all’errore, alla vera religione e alle sette eretiche; ora, dice Leone XIII: «Potestà morale è il diritto, e come si disse e converrà spesso ridire, è assurdo che la natura ne dia indistintamente e indifferentemente alla verità e alla menzogna, al bene e al male» (95).

 - Empia, la libertà religiosa lo è anche: perché «attribuisce a tutte le religioni l’uguaglianza di diritto» e «pone sul piano delle sette eretiche e persino della perfidia giudaica la Sposa santa e immacolata di Cristo»; perché inoltre implica «l’indifferentismo religioso dello Stato», che equivale al suo «ateismo», cioè l’empietà legale delle società, l’apostasia forzata delle nazioni, il rifiuto della regalità sociale di Nostro Signore Gesù Cristo, la negazione del diritto pubblico della Chiesa, la sua eliminazione dalla società o il suo asservimento allo Stato.

 - Infine, essa conduce i popoli all’indifferenza religiosa, come dichiara il Sillabo condannando la proposizione 77.  È evidente: se oggi la Chiesa conciliare e la maggioranza dei cattolici arrivano a vedere in tutte le religioni delle vie di salvezza, è perché questo veleno dell’indifferentismo è stato loro somministrato, in Francia e altrove, da quasi due secoli di regime di libertà religiosa.

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 84) Roger Aubert, Le magistère ecclésiastique et le libéralisme, in Tolérance et communauté humaine, Casterman 1951, p. 81.

 85) John Courtney Murray, Vers une intelligence du devéloppement de la doctrine de l’Eglise sur la liberté religieuse, in Vatican II, La liberté religieuse, p. 112.

 86) Jérôme Hamer o.p., Histoire du texte de la déclaration, in Vatican II, La liberté religieuse, Cerf, Paris 1967.

 87) Roger Aubert, op. cit. p. 82.

 88) Commissione teologica internazionale, i cristiani oggi dinanzi alla dignità e ai diritti della persona umana, Commissione pontificia Justitia et Pax, Città del Vaticano 1985, p. 44, citato da «Documents épiscopat», bollettino del segretariato della conferenza episcopale francese, ottobre 1986, p. 15.

 89) Y. Congar o.p., Vraie et fausse riforme dans l’Eglise (Unam Sanctam, 20), Cerf, Paris 1950, p. 345, citato da Roger Aubert, op. cit., p. 102.

 90) Roger Aubert, op. cit., pp. 81-82.

 91) Gaudium et spes, II, § 2. [le parole fra parentesi quadre e i corsivi sono aggiunte di Monsignor Lefebvre, n.d.T.].

92) Conversazione con Vittorio Messori, mensile «Jesus», novembre 1984, p. 72.

93) Padre Courtney Murray, cercando di spiegare come il magistero sia potuto passare dalla condanne del XIX secolo alla libertà religiosa del Vaticano II, dichiara innanzitutto: «Questa intelligibilità non è accessibile a priori, o semplicemente col gioco dell’applicazione di qualche teoria generale dello sviluppo della dottrina. Per adesso non abbiamo una teoria generale di tal sorta».

94) Enciclica Humani Generis, del 12 agosto 1950, Documenti pontificali di Pio XII, XII, 303; cfr DS. 2306. [questo brano manca nel PIN ed è stato tradotto da me, n.d.T.].

95) Libertas, PIN 207.

Da: http://www.sanpiox.it/articoli/testi-di-mons-lefebvre/1368-lo-hanno-detronizzato-23

A conferma di quanto dice Marcel Lefebvre in questa intervista - rispetto alla questione "Pro Multis" -  è doveroso sapere cosa ordinò il Santo Padre Benedetto XVI nella lettera rivolta all'episcopato tedesco, ma in realtà a tutto l'episcopato del mondo, riflettendo su questo importantissimo particolare del Vangelo che aveva diviso non poco gli addetti ai lavori. Benedetto XVI esplicita con la padronanza teologica che gli è propria il delicato percorso che ha portato il "Per molti" a diventare "Per tutti" e, con la stessa padronanza, ne evidenzia le incongruenze e gli errori fatti. Il Santo Padre invita, quindi, tutti i vescovi ad istruire i sacerdoti affinché questi ultimi siano in grado di spiegare ai fedeli il perché di questo cambiamento. Inutile dire che tutto questo fu in larga parte disatteso e che ancora oggi nelle chiese si usa per lo più la formula "Per tutti" disattendendo in questo modo, non solo l'ordine di un Pontefice, ma anche e prima di tutto quello del Vangelo.
 

LETTERA DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI 
AL PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE TEDESCA

 

A Sua Eccellenza Reverendissima
Monsignor Robert Zollitsch
Arcivescovo di Freiburg
Presidente della Conferenza Episcopale Tedesca
Herrenstraße 9
D-79098 FREIBURG

Dal Vaticano, 14 aprile 2012

Eccellenza,
Venerato, caro Arcivescovo,

In occasione della Sua visita del 15 marzo 2012, Lei mi ha fatto sapere che per quanto riguarda la traduzione delle parole “pro multis” nelle Preghiere Eucaristiche della Santa Messa ancora non c’è unità tra i Vescovi dell’area di lingua tedesca. Incombe, a quanto pare, il pericolo che per la pubblicazione della nuova edizione del “Gotteslob” [libro dei canti e preghiere], attesa in tempi brevi, alcune parti dell’area di lingua tedesca vogliano mantenere la traduzione “per tutti”, anche qualora la Conferenza Episcopale tedesca convenisse a scrivere “per molti”, così come richiesto dalla Santa Sede. Le avevo promesso che mi sarei espresso per iscritto riguardo a questa importante questione, al fine di prevenire una tale divisione nel luogo più intimo della nostra preghiera. La lettera che qui, per Suo tramite, indirizzo ai membri della Conferenza Episcopale Tedesca, sarà inviata anche agli altri Vescovi dell’area di lingua tedesca.

Anzitutto, mi lasci spendere brevemente una parola sulle origini del problema. Negli anni sessanta, quando bisognava tradurre in tedesco, sotto la responsabilità dei Vescovi, il Messale Romano, esisteva un consenso esegetico sul fatto che la parola “i molti”, “molti” in Isaia 53,11s, fosse una forma di espressione ebraica per indicare la totalità, “tutti”. La parola “molti” nei racconti dell’istituzione di Matteo e di Marco, sarebbe stata quindi un “semitismo” e avrebbe dovuto essere tradotta con “tutti”. Questo concetto si applicò anche al testo latino direttamente da tradurre, in cui il “pro multis” avrebbe rimandato, attraverso i racconti evangelici, a Isaia 53 e perciò sarebbe stato da tradurre con “per tutti”. Questo consenso esegetico, nel frattempo, si è sgretolato; esso non esiste più. Nella traduzione ecumenica tedesca della Sacra Scrittura, nel racconto dell’Ultima Cena, si legge: “Questo è il mio sangue, il sangue dell’alleanza, che è versato per molti” (Mc 14,24; cfr Mt 26,28). Con questo si evidenzia una cosa molto importante: la resa di “pro multis” con “per tutti” non era affatto una semplice traduzione, bensì un’interpretazione, che sicuramente era e rimane fondata, ma tuttavia è già un’interpretazione ed è più di una traduzione.

Questa fusione di traduzione e interpretazione appartiene, in un certo senso, ai principi che, subito dopo il Concilio, guidarono la traduzione dei libri liturgici nelle lingue moderne. Si era consapevoli di quanto la Bibbia ed i testi liturgici fossero lontani dal mondo del parlare e del pensare dell’uomo d’oggi, così che anche tradotti essi sarebbero rimasti ampiamente incomprensibili ai partecipanti alla liturgia. Era un’impresa nuova che i testi sacri fossero resi accessibili, in traduzione, ai partecipanti alla liturgia, pur rimanendo, tuttavia, a una grande distanza dal loro mondo; anzi, in questo modo, i testi sacri apparivano proprio nella loro grande distanza. Così, ci si sentì non solo autorizzati, ma addirittura in obbligo di fondere già nella traduzione l’interpretazione, e di accorciare in questo modo la strada verso gli uomini, il cui cuore ed intelletto si voleva fossero raggiunti appunto da queste parole.

Fino ad un certo punto, il principio di una traduzione contenutistica e non necessariamente letterale del testo di base rimane giustificato. Dal momento che devo recitare le preghiere liturgiche continuamente in lingue diverse, noto che, talora, tra le diverse traduzioni, non è possibile trovare quasi niente in comune e che il testo unico che ne è alla base, spesso è riconoscibile soltanto da lontano. Vi sono state poi delle banalizzazioni che rappresentano delle vere perdite. Così, nel corso degli anni, anche a me personalmente, è diventato sempre più chiaro che il principio della corrispondenza non letterale, ma strutturale, come linea guida nella traduzione, ha i suoi limiti. Seguendo considerazioni di questo genere, l’Istruzione sulle traduzioni “Liturgiam authenticam”, emanata dalla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti il 28 marzo 2001, ha posto di nuovo in primo piano il principio della corrispondenza letterale, senza ovviamente prescrivere un verbalismo unilaterale. L’acquisizione importante che è alla base di questa Istruzione consiste nella distinzione, a cui ho già accennato all’inizio, fra traduzione e interpretazione. Essa è necessaria sia nei confronti della parola della Scrittura, sia nei confronti dei testi liturgici. Da un lato, la parola sacra deve presentarsi il più possibile come essa è, anche nella sua estraneità e con le domande che porta in sé; dall’altro lato, è alla Chiesa che è affidato il compito dell’interpretazione, affinché – nei limiti della nostra attuale comprensione – ci raggiunga quel messaggio che il Signore ci ha destinato. Neppure la traduzione più accurata può sostituire l’interpretazione: rientra nella struttura della rivelazione il fatto che la Parola di Dio sia letta nella comunità interpretante della Chiesa, e che fedeltà e attualizzazione siano legate reciprocamente. La Parola deve essere presente quale essa è, nella sua propria forma, forse a noi estranea; l’interpretazione deve misurarsi con la fedeltà alla Parola stessa, ma al tempo stesso deve renderla accessibile all’ascoltatore di oggi.

In questo contesto, è stato deciso dalla Santa Sede che, nella nuova traduzione del Messale, l’espressione “pro multis” debba essere tradotta come tale e non insieme già interpretata. Al posto della versione interpretativa “per tutti” deve andare la semplice traduzione “per molti”. Vorrei qui far notare che né in Matteo, né in Marco c’è l’articolo, quindi non “per i molti”, ma “per molti”. Se questa decisione è, come spero, assolutamente comprensibile alla luce della fondamentale correlazione tra traduzione e interpretazione, sono tuttavia consapevole che essa rappresenta una sfida enorme per tutti coloro che hanno il compito di esporre la Parola di Dio nella Chiesa. Infatti, per coloro che abitualmente partecipano alla Santa Messa questo appare quasi inevitabilmente come una rottura proprio nel cuore del Sacro. Essi chiederanno: ma Cristo non è morto per tutti? La Chiesa ha modificato la sua dottrina? Può ed è autorizzata a farlo? E’ qui in atto una reazione che vuole distruggere l’eredità del Concilio? Per l’esperienza degli ultimi 50 anni, tutti sappiamo quanto profondamente i cambiamenti di forme e testi liturgici colpiscono le persone nell’animo; quanto fortemente possa inquietare le persone una modifica del testo in un punto così centrale. Per questo motivo, nel momento in cui, in base alla differenza tra traduzione e interpretazione, si scelse la traduzione “molti”, si decise, al tempo stesso, che questa traduzione dovesse essere preceduta, nelle singole aree linguistiche, da una catechesi accurata, per mezzo della quale i Vescovi avrebbero dovuto far comprendere concretamente ai loro sacerdoti e, attraverso di loro, a tutti i fedeli, di che cosa si trattasse. Il far precedere la catechesi è la condizione essenziale per l’entrata in vigore della nuova traduzione. Per quanto ne so, una tale catechesi finora non è stata fatta nell’area linguistica tedesca. L’intento della mia lettera è chiedere con la più grande urgenza a Voi tutti, cari confratelli, di elaborare ora una tale catechesi, per parlarne poi con i sacerdoti e renderla contemporaneamente accessibile ai fedeli.

In una tale catechesi si dovrà forse, in primo luogo, spiegare brevemente perché nella traduzione del Messale dopo il Concilio, la parola “molti” venne resa con “tutti”: per esprimere in modo inequivocabile, nel senso voluto da Gesù, l’universalità della salvezza che proviene da Lui. Ma poi sorge subito la domanda: se Gesù è morto per tutti, perché nelle parole dell’Ultima Cena Egli ha detto “per molti”? E perché allora noi ci atteniamo a queste parole di istituzione di Gesù? A questo punto bisogna anzitutto aggiungere ancora che, secondo Matteo e Marco, Gesù ha detto “per molti”, mentre secondo Luca e Paolo ha detto “per voi”. Così il cerchio, apparentemente, si stringe ancora di più. Invece, proprio partendo da questo si può andare verso la soluzione. I discepoli sanno che la missione di Gesù va oltre loro e la loro cerchia; che Egli era venuto per riunire da tutto il mondo i figli di Dio che erano dispersi (Gv 11,52). Il “per voi”, rende, però, la missione di Gesù assolutamente concreta per i presenti. Essi non sono degli elementi anonimi qualsiasi di un’enorme totalità, bensì ogni singolo sa che il Signore è morto proprio “per me”, “per noi”. “Per voi” si estende al passato e al futuro, si riferisce a me del tutto personalmente; noi, che siamo qui riuniti, siamo conosciuti ed amati da Gesù in quanto tali. Quindi questo “per voi” non è una restrizione, bensì una concretizzazione, che vale per ogni comunità che celebra l’Eucaristia e che la unisce concretamente all’amore di Gesù. Il Canone Romano ha unito tra loro, nelle parole della consacrazione, le due letture bibliche e, conformemente a ciò, dice: “per voi e per molti”. Questa formula è stata poi ripresa, nella riforma liturgica, in tutte le Preghiere Eucaristiche.

Ma, ancora una volta: perché “per molti”? Il Signore non è forse morto per tutti? Il fatto che Gesù Cristo, in quanto Figlio di Dio fatto uomo, sia l’uomo per tutti gli uomini, sia il nuovo Adamo, fa parte delle certezze fondamentali della nostra fede. Su questo punto vorrei solamente ricordare tre testi della Scrittura: Dio ha consegnato suo Figlio “per tutti”, afferma Paolo nella Lettera ai Romani (Rm 8,32). “Uno è morto per tutti”, dice nella Seconda Lettera ai Corinzi, parlando della morte di Gesù (2 Cor 5,14). Gesù “ha dato se stesso in riscatto per tutti”, è scritto nella Prima Lettera a Timoteo (1 Tm 2,6). Ma allora, a maggior ragione ci si deve chiedere, ancora una volta: se questo è così chiaro, perché nella Preghiera Eucaristica è scritto “per molti”? Ora, la Chiesa ha ripreso questa formulazione dai racconti dell’istituzione nel Nuovo Testamento. Essa dice così per rispetto verso la parola di Gesù, per mantenersi fedele a Lui fin dentro la parola. Il rispetto reverenziale per la parola stessa di Gesù è la ragione della formulazione della Preghiera Eucaristica. Ma allora noi ci chiediamo: perché mai Gesù stesso ha detto così? La ragione vera e propria consiste nel fatto che, con questo, Gesù si è fatto riconoscere come il Servo di Dio di Isaia 53, ha dimostrato di essere quella figura che la parola del profeta stava aspettando. Rispetto reverenziale della Chiesa per la parola di Gesù, fedeltà di Gesù alla parola della “Scrittura”: questa doppia fedeltà è la ragione concreta della formulazione “per molti”. In questa catena di fedeltà reverenziale, noi ci inseriamo con la traduzione letterale delle parole della Scrittura.

Come abbiamo visto anteriormente che il “per voi” della traduzione lucano-paolina non restringe, ma concretizza; così ora possiamo riconoscere che la dialettica “molti” – “tutti” ha il suo proprio significato. “Tutti” si muove sul piano ontologico – l’essere ed operare di Gesù comprende tutta l’umanità, il passato, il presente e il futuro. Ma di fatto, storicamente, nella comunità concreta di coloro che celebrano l’Eucaristia, Egli giunge solo a “molti”. Allora è possibile riconoscere un triplice significato della correlazione di “molti” e “tutti”. Innanzitutto, per noi, che possiamo sedere alla sua mensa, dovrebbe significare sorpresa, gioia e gratitudine perché Egli mi ha chiamato, perché posso stare con Lui e posso conoscerlo. “Sono grato al Signore, che per grazia mi ha chiamato nella sua Chiesa …” [canto religioso “Fest soll mein Taufbund immer stehen”, strofa 1]. Poi, però, in secondo luogo questo significa anche responsabilità. Come il Signore, a modo suo, raggiunga gli altri – “tutti” – resta, alla fine, un mistero suo. Senza dubbio, però, costituisce una responsabilità il fatto di essere chiamato da Lui direttamente alla sua mensa, così che posso udire: “per voi”, “per me”, Egli ha patito. I molti portano responsabilità per tutti. La comunità dei molti deve essere luce sul candelabro, città sul monte, lievito per tutti. Questa è una vocazione che riguarda ciascuno, in modo del tutto personale. I molti, che siamo noi, devono sostenere la responsabilità per il tutto, consapevoli della propria missione. Infine, si può aggiungere un terzo aspetto. Nella società attuale abbiamo la sensazione di non essere affatto “molti”, ma molto pochi – una piccola schiera, che continuamente si riduce. Invece no – noi siamo “molti”: “Dopo queste cose vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua”, dice l’Apocalisse di Giovanni (Ap 7,9). Noi siamo molti e rappresentiamo tutti. Così ambedue le parole “molti” e “tutti” vanno insieme e si relazionano l’una all’altra nella responsabilità e nella promessa.

Eccellenza, cari confratelli nell’Episcopato! Con tutto questo, ho voluto indicare le linee fondamentali di contenuto della catechesi per mezzo della quale sacerdoti e laici dovranno essere preparati il più presto possibile alla nuova traduzione. Auspico che tutto questo possa servire, allo stesso tempo, ad una più profonda partecipazione alla Santa Eucaristia, inserendosi così nel grande compito che ci aspetta con “l’Anno della fede”. Posso sperare che la catechesi venga presentata presto e diventi così parte di quel rinnovamento liturgico, per il quale il Concilio si è impegnato fin dalla sua prima sessione.
Con la benedizione e i saluti pasquali,
Mi confermo Suo nel Signore

Benedictus PP. XVI

Da:http://w2.vatican.va/content/benedict-xvi/it/letters/2012/documents/hf_ben-xvi_let_20120414_zollitsch.html

 

 

 

 

Oggi più che mai, le parole di questo immenso uomo di fede cattolica si sono rivelate altamente profetiche: mons. Lefebvre, una vita spesa in lotta nella chiesa e per la chiesa.

INTERVISTA A MONSIGNOR LEFEBVRE

Introduzione: La seguente intervista con l'Arcivescovo sarebbe stata pubblicata nel 1978 dalla Catholic Press se la Conferenza Americana dei Vescovi cattolici non avesse minacciato l'editore della pubblicazione con scomunica e l'estinzione virtuale della pubblicazione stessa se l'intervista fosse stata pubblicata... Di fatto, i vescovi ordinarono che nessuna testata cattolica pubblicasse questa intervista con l’Arcivescovo Lefebvre. (Un sentito ringraziamento a “SPL”, 300 Independence Ave., S.E., Washington, D.C. 20003) 
  
Intervista: Lei ha dibattuto e preso parte alle deliberazioni del Concilio Vaticano II, vero? Sì. Non firmò e non accettò le decisioni di questo Concilio? No. Innanzitutto io non ho firmato tutti i documenti del Vaticano II a causa degli ultimi due atti. Il primo, riguardo la “Religione e Libertà” [“La libertà religiosa” (Dich. Conc. «Dignitatis Humanae») – n.d.t. ] non l’ho firmato. neppure l'altro, quello de “La Chiesa nel  ..... mondo contemporaneo”, ho firmato. Questo secondo documento è, secondo la mia opinione, il più ispirato da modernismo e liberalismo.
Lei è noto non solo per non firmare i documenti, ma anche per opporvisi pubblicamente?
Sì. In un libro che ho pubblicato in Francia accuso il Concilio di errore su queste risoluzioni, e ho fornito tutti i documenti con i quali attacco la posizione del Concilio, principalmente le due risoluzioni sulle questioni della libertà religiosa e de “La Chiesa nel mondo contemporaneo” [Costituz. Conc. «Gaudium et Spes» - n.d.t. ]
Perché lei è contro queste deliberazioni?
Perché queste due decisioni sono ispirate da una ideologia liberale tale e quale ce la descrissero i papi di sempre, sarebbe a dire, una libertà religiosa così come intesa e promossa dai Massoni, gli umanisti, i modernisti e i liberali.
Cosa obietta loro?
Questa ideologia dice che tutte le culture sono uguali, tutte le religioni sono uguali, che non c’è una sola vera fede. Tutto ciò conduce quell’abuso ed errore che è la libertà di pensiero. Tutti questi errori sulla libertà, che sono stati condannati in tutti i secoli da tutti i papi, ora sono stati accettati dal Concilio Vaticano II.
Chi pose queste particolari decisioni all’ordine del giorno?
Credo ci fossero dei cardinali, assistiti da esperti teologici, che aderivano alle idee liberali.
Chi, per esempio?
Il Cardinale [Giuseppe] Frings dalla Germania, il Cardinale [Franz] Koenig [dall'Austria]. Questi personaggi si erano già riuniti e avevano già discusso queste risoluzioni prima del Concilio, e il loro preciso scopo era quello di fare un compromesso col mondo secolare, di introdurre le idee illuministe e moderniste nella dottrina della Chiesa.
C’erano dei Cardinali americani che sostenevano queste idee e risoluzioni?
Non ricordo ora i loro nomi, ma ce n’erano alcuni. Comunque, una forza trainante a favore di queste risoluzioni fu Padre John Courtney Murray.
Che ruolo ha avuto?
Ha svolto un ruolo molto attivo nel corso di tutte le deliberazioni e la redazione di questi documenti.
Lei fece presente al Papa [Paolo VI] la Sua preoccupazione ed inquietudine riguardo tali risoluzioni?
Io ho parlato al Papa. Ho parlato al Concilio. Ho fatto tre interventi pubblici, due dei quali depositati presso la segreteria. C’erano perciò cinque interventi contro queste decisioni del Vaticano II. Infatti, l'opposizione condotta contro queste decisioni fu tale che il Papa tentò di istituire una commissione allo scopo di conciliare le parti opposte all'interno del Concilio. Ne dovevano far parte tre membri, uno dei quali ero io. Quando i cardinali liberali videro che il mio nome era in questa commissione, andarono a trovare il Santo Padre e gli dissero senza mezzi termini che non avrebbero accettato questa commissione e che non avrebbero accettato la mia presenza in questa commissione. La pressione sul Papa fu tale che egli rinunciò all'idea. Io ho fatto tutto ciò che potevo per fermare queste decisioni, che giudico contrarie e distruttive della Fede cattolica. Il Concilio fu convocato legittimamente, ma allo scopo di diffondere tutte queste idee.
Ci furono altri Cardinali che La sostennero?
Sì. C’era Cardinale [Ernesto] Ruffini [di Palermo], il Cardinale [Giuseppe] Siri [di Genova] e il Cardinale [Antonio] Caggiano [di Buenos Aires].
Ci furono dei vescovi che La sostennero?
Sì. Molti vescovi sostennero la mia posizione.
Quanti vescovi?
Ci furono più di 250 vescovi. Costoro si erano anche costituiti in un gruppo allo scopo di difendere la vera Fede cattolica.
Cosa ne è stato di tutti questi sostenitori?
Alcuni sono morti; altri sono sparsi per il mondo; molti ancora mi sostengono nei loro cuori, ma hanno paura di perdere una posizione che pensano possa essere utile in un secondo momento.
Qualcuno La sta sostenendo oggi [1978]?
Sì. Per esempio, il Vescovo Pintonello dall'Italia, il Vescovo De Castro Mayer dal Brasile. Molti altri vescovi e cardinali spesso mi contattano per esprimermi il loro appoggio, ma al momento desiderano rimanere anonimi.
Per quanto riguarda quei vescovi che non sono liberali, ma Le si oppongono e La criticano?
La loro opposizione è basata su un’idea imprecisa sull’obbedienza al papa. È, forse, un'obbedienza in buona fede, che potrebbe essere riconducibile all'obbedienza degli ultramontani del secolo scorso, obbedienza che allora era buona perché i papi erano buoni. Tuttavia oggi è un’obbedienza cieca che ha poco a che fare con la pratica e l'adesione alla vera Fede cattolica. In questo momento è importante ricordare ai cattolici di tutto il mondo che l'obbedienza al papa non è una virtù primaria. La gerarchia delle virtù parte dalle tre virtù teologali di Fede, Speranza e Carità, seguite dalle quattro virtù cardinali di Giustizia, Temperanza, Prudenza e Fortezza. L'obbedienza è un derivato della virtù cardinale della Giustizia. Perciò è ben lungi dall’essere classificata prima nella gerarchia delle virtù. Alcuni vescovi non vogliono dare la minima impressione di disobbedire al Santo Padre. Io capisco come si sentono. E’ chiaro che sia molto spiacevole, se non molto doloroso.


Suppone che il Santo Padre accetti queste particolari idee?
Sì. Le accetta. Ma non è solo il Santo Padre. È una tendenza generale. Le ho menzionato alcuni cardinali coinvolti in queste idee. Più di un secolo fa, società segrete, Illuminati, umanisti, modernisti e altri, di cui noi ora abbiamo tutti i testi e le prove, si stavano preparando per un Concilio Vaticano in cui avrebbero infiltrato le loro proprie idee per una chiesa umanista.
Crede che alcuni cardinali potrebbero essere stati membri di tali società segrete?
Non è una questione molto importante, in questo momento, se lo sono stati o no. Quello che è importante e grave è che, a tutti gli effetti, essi agiscono come se fossero emissari o servitori di società umaniste segrete.

Secondo lei questi cardinali hanno aderito deliberatamente a tali idee o vi erano inclinati da informazioni sbagliate o furono imbrogliati o un insieme di tutto ciò?
Io penso che le idee umaniste e liberali si diffusero in tutto il XIX e XX secolo. Queste idee secolari furono propagate dappertutto, nei governi come nella chiese. Queste idee sono penetrate nei seminari e in tutta la Chiesa, e oggi la Chiesa si sveglia trovandosi in una camicia di forza liberale. Questo è il motivo per cui s’incontra l’influenza liberale, che è penetrata in tutti gli strati della vita secolare nel corso degli ultimi due secoli, fin dentro la Chiesa. Il Concilio Vaticano II fu pianificato dai liberali; era un concilio liberale; il Papa è un liberale e quelli che lo circondano sono liberali.

Sta dicendo che il Papa è un liberale?
Il Papa non ha mai negato di essere un liberale.
Quando il Papa ha detto di essere un liberale?
Il Papa ha affermato in molte occasioni di essere favorevole alle idee moderniste, favorevole a un compromesso con il mondo. Secondo le sue stesse parole, è stato necessario “gettare un ponte tra la Chiesa e il mondo secolare”. Il Papa ha detto che era necessario accettare le idee umaniste, che era necessario discutere tali idee; che era necessario dialogare. In questo momento è importante ricordare che il dialogo è contrario alla dottrina della Fede cattolica. Il dialogo presuppone l‘incontro di due parti uguali e opposte; perciò, in nessun modo [il dialogo] potrebbe avere qualcosa a che fare con la Fede cattolica. Noi crediamo ed accettiamo la nostra fede come l'unica vera Fede nel mondo. Tutta questa confusione porta a compromessi che distruggono la dottrina della Chiesa, per la disgrazia dell’umanità e della Chiesa stessa.
Lei ha affermato di conoscere la ragione odierna del calo di frequentazione della chiesa e della mancanza di interesse verso la Chiesa, che, in base a quanto riferito, Lei attribuisce alle decisioni del Vaticano II. Giusto?
Non direi che il Vaticano II avrebbe prevenuto quello che sta accadendo nella Chiesa oggi. Le idee moderniste sono penetrate dappertutto per molto tempo e ciò non è stato un bene per la Chiesa. Ma il fatto è che alcuni membri del clero hanno professato tali idee, vale a dire idee di libertà adulterata, in questo caso, permissivismo. L'idea che tutte le verità sono uguali, tutte le religioni sono uguali, di conseguenza tutte le morali hanno pari dignità, che ogni coscienza è a modo suo valida, che ognuno può giudicare teologicamente quello che può fare, tutte queste sono idee umaniste di lassismo totale senza alcuna disciplina di pensiero, che conducono alla posizione che ognuno può fare come vuole.  Tutto ciò è assolutamente contrario alla nostra Fede cattolica.
Lei ha detto che la maggior parte di questi consiglieri teologici ed esperti fingono soltanto di rappresentare la maggioranza del popolo, che in realtà il popolo non è realmente rappresentato da questi teologi liberali. Potrebbe spiegare?
 
Con “maggioranza del popolo” intendo tutte le persone che lavorano onestamente per vivere. Voglio dire le persone coi piedi per terra, le persone di buon senso a contatto col mondo reale, il mondo durevole. Costoro sono la maggioranza delle persone, che preferiscono le tradizioni e l’ordine al caos. C’è un movimento di tutte queste persone in tutto il mondo, che sta lentamente coagulandosi in opposizione totale a tutti i cambiamenti che sono stati fatti in nome loro, alla loro religione. Queste persone di buona volontà sono state così traumatizzate da questi cambiamenti drammatici che ora sono riluttanti a frequentare la chiesa. Quando vanno in una chiesa modernista, essi non trovano il sacro, il carattere mistico della Chiesa, tutto ciò che è veramente divino. Ciò che conduce a Dio è divino e loro non incontrano più Dio in queste chiese.
Perché dovrebbero recarsi in un luogo dove Dio è assente?
I fedeli percepiscono ciò molto bene e i cardinali liberali e i loro consulenti hanno seriamente sottovalutato la lealtà della maggioranza dei fedeli alla loro vera Fede. Come [altro] si può spiegare che, non appena apriamo una cappella o una chiesa tradizionale, la gente accorre da ogni dove? Abbiamo solo posti in piedi. Le Messe si succedono tutto il giorno per far partecipare tutti i fedeli. Perché? Perché essi ritrovano ciò di cui hanno bisogno: il sacro, il mistico, il rispetto per il sacro. Per esempio, ho assistito in aeroporto a questa scena: diverse persone che non erano lì per incontrare me, accostarsi ai sacerdoti che erano lì per me, stringer loro la mano, ed erano estranei totali! Perché? Perché quando le persone trovano un prete, un vero prete, un prete che si comporta come prete, che veste come un prete, immediatamente sono attirate da lui e lo seguono. Questo accade qui negli Stati Uniti, accade in Europa e dappertutto nel mondo. Gente in strada che va a salutare un sacerdote; vengono dal nulla solo per congratularsi con lui e dirgli come sono contenti di vedere un vero e proprio sacerdote, come sono contenti che ci siano ancora dei preti.
Sta dicendo che l’abito e la tonaca fanno la differenza nella qualità del prete?
Tonache e abbigliamento sono, ovviamente, solo un simbolo, ma è da ciò che questo simbolo rappresenta che le persone sono attirate, non, ovviamente, il simbolo stesso.
Perché voi date tanta importanza ai rituali della Messa Tridentina?
Noi certamente non insistiamo sui rituali solo per motivi di rituale, ma soltanto come simbolo della nostra fede. In tale contesto siamo convinti che sono importanti. Comunque è la sostanza e non i riti della Messa Tridentina che sono stati rimossi (n.d.r.: il Papa Paolo VI, non appena promulgò la nuova Messa, ammise che la Messa tridentina risale al quinto secolo ed oltre, e ha nutrito la fede di innumerevoli santi).
Potrebbe essere più specifico?


Le nuove preghiere dell’Offertorio non esprimono la nozione cattolica del sacrificio. Esse esprimono semplicemente il concetto di una mera condivisione del pane e del vino. Per esempio, la Messa tridentina indirizza a Dio la preghiera: “Accetta, o Padre santo, onnipotente ed eterno Dio, questa Vittima Immacolata che il tuo indegno servitore offre a Te, Dio mio vivo e vero, per fare ammenda dei miei innumerevoli peccati, offese e negligenze”. Dice la nuova Messa: “Noi offriamo questo pane come il pane della vita”. Non c'è nessuna menzione del sacrificio o della vittima. Questo testo è vago e impreciso, si presta all'ambiguità ed è stato pensato perché fosse accettabile per i protestanti. E’, tuttavia, inaccettabile per la vera Fede e la dottrina cattolica. La sostanza è stata cambiata in favore dell’accomodazione e del compromesso.
Perché dà tanta importanza alla Messa latina piuttosto che alla Massa in vernacolo approvata dal Concilio Vaticano II?
Da un lato, questa domanda sul latino nella Messa è una questione secondaria, sotto alcuni punti di vista. Ma da un altro aspetto è una domanda molto importante. È importante perché è un modo per fissare il linguaggio della nostra Fede, il dogma cattolico e la dottrina. È un modo per non cambiare la nostra Fede, perché nelle traduzioni che toccano le parole latine, non si rendono esattamente le verità della nostra Fede, così come espressa ed incarnata nel latino. È davvero molto pericoloso, perché poco a poco si può perdere la Fede stessa. Queste traduzioni non riflettono le parole esatte della Consacrazione. 
Queste parole risultano cambiate in lingua volgare.
Potrebbe farmi un esempio?
Sì. Per esempio, in lingua volgare si dice che il Preziosissimo Sangue è stato versato “per tutti”, quando nel testo latino (anche l'ultimo testo latino riveduto) si dice che il Preziosissimo Sangue è “per molti” e non “per tutti”. Tutti è certamente diverso da molti. Questo è solo un piccolo esempio che dimostra le imprecisioni delle traduzioni attuali (n.d.r.: molti papi hanno spiegato la differenza di dottrina: “per tutti” significa la sufficienza del Sangue di Cristo per salvare tutti, ma nell'Ultima Cena Egli scelse a buon ragione di dire “per molti”, riferendosi all'efficienza del Suo Sangue Prezioso che, attraverso la Messa, davvero salverà molti, non tutti. Cfr. Catechismo del Concilio di Trento).
Potrebbe citare una traduzione che contraddica effettivamente il dogma cattolico?
Sì. Per esempio, nel testo latino la Vergine Maria è chiamata “Semper Virgo”, “Sempre Vergine”. In tutte le traduzioni moderne la parola “sempre” è stata eliminata. Questo è molto grave, perché c'è una grande differenza tra “Vergine” e “Sempre Vergine”. È molto pericoloso manomettere traduzioni di questo tipo. Il latino è anche importante per mantenere l'unità della Chiesa, perché quando si viaggia, e le persone viaggiano sempre più all’estero oggigiorno, è importante per loro trovare la stessa eco che essi hanno sentito da un sacerdote a casa, sia negli Stati Uniti, Sud America, Europa, o qualsiasi altra parte del mondo. Essi sono a casa in qualsiasi chiesa (cattolica). È la loro Messa cattolica che si sta celebrando. Essi hanno sempre sentito le parole latine sin dall'infanzia, i loro genitori prima di loro sempre e i loro nonni prima di loro. Si tratta di un marchio che identifica la loro Fede. Ora, quando vanno in una chiesa straniera, essi non capiscono una parola. Gli stranieri che vengono qui non capiscono una parola. 
Qual è il vantaggio di andare ad una Messa in inglese, italiano o spagnolo se nessuno può capire una parola?
Ma la maggior parte di queste persone non capirebbero ancor meno il latino? Qual è la differenza?
La differenza è che il latino della Messa cattolica è sempre stato insegnato tramite l’istruzione religiosa sin dall'infanzia. Sono usciti vari libri sull’argomento. È stato insegnato nel corso dei secoli; non è difficile da ricordare. Il latino è un'espressione esatta che è stata familiare a generazioni di cattolici. Ogni qualvolta si ritrova il latino in una chiesa, immediatamente si crea l'atmosfera corretta per l'adorazione di Dio. Esso è la lingua distintiva della fede cattolica, che unisce tutti i cattolici del mondo, al di là della loro lingua nazionale. Essi non sono disorientati o confusi. Dicono: “Questa è la mia Messa, è la Messa dei miei genitori, è la Messa da seguire, è la Messa di Nostro Signore Gesù Cristo, è la Messa eterna ed immutabile”. Perciò dal punto di vista dell’unità, è un collegamento simbolico molto importante; è un segno d'identità per tutti i cattolici. Ma si tratta di qualcosa di più profondo di un semplice cambio di lingua.  Nello spirito dell’ecumenismo, è un tentativo di creare un riavvicinamento (n.d.r.: un'unione compromettente ed indegna) con i protestanti.
Che prove ha di ciò?

 
È piuttosto evidente, perché c'erano cinque protestanti (n.d.r.: effettivamente sei ministri) che assistettero alla riforma della nostra Liturgia. L'Arcivescovo di Cincinnati, che era presente durante questi lavori, ha detto che non solo questi cinque protestanti erano presenti, ma anche che essi presero una parte molto attiva nei dibattiti e parteciparono direttamente alla riforma della nostra Liturgia.
Chi erano questi protestanti?
Erano ministri protestanti rappresentanti di sette protestanti diverse, i quali furono chiamati da Roma per partecipare alla riforma della nostra Liturgia, il che dimostra chiaramente che vi è stata un’intenzione volontaria in tutto ciò. Essi erano il Dott. George, Canon Jasper, il Dott. Sheperd, il Dott. Smith, il Dott. Koneth e il Dott. Thurian. Mons. Bugnini (n.d.r.: il principale autore della nuova Messa) non nascose questo intento. Egli lo esternò molto chiaramente. Disse: “Noi faremo una Messa ecumenica, così come abbiamo fatto una Bibbia Ecumenica”. Tutti ciò è molto pericoloso perché è la nostra Fede che viene attaccata. Quando un protestante celebra la stessa Messa come facciamo noi, lui interpreta il testo in un modo diverso, perché la sua fede è diversa. Perciò, è una Messa ambigua. È una Messa equivoca. Non è più una Messa cattolica.
A quale Bibbia ecumenica si sta riferendo?
C'è una Bibbia ecumenica fatta due o tre anni fa che è stata riconosciuta da molti vescovi. Io non so se il Vaticano l’abbia approvata pubblicamente, ma certamente non l’ ha soppressa, perché si usa in molte diocesi. Per esempio, due settimane fa il Vescovo di Friburgo, in Svizzera, ha avuto pastori protestanti che hanno spiegato questa Bibbia ecumenica a tutti i bambini delle scuole cattoliche. Queste lezioni erano le stesse per cattolici e protestanti. Cosa ha a che fare questa Bibbia ecumenica con la Parola di Dio? Dal momento che la Parola di Dio non può essere cambiata, tutto ciò conduce sempre più a confusione. Quando penso che l'Arcivescovo di Houston, Texas, non ammette i bambini cattolici alla cresima se non vanno con i genitori a seguire un corso di istruzione di 15 giorni dal rabbino locale e dal ministro protestante... Se i genitori si rifiutano di mandare i loro bambini a tali istruzioni, loro [i bambini] non possono essere cresimati. Essi debbono esibire un certificato firmato dal rabbino e dal ministro protestante che entrambi i genitori e i bambini hanno debitamente frequentato l'istruzione, e solo allora (i bambini) possono essere cresimati dal vescovo. Queste sono le assurdità a cui si arriva quando si segue la strada liberale. Non solo, ma ora si arriva anche a buddisti e musulmani. Molti vescovi si sono imbarazzati quando il messo papale è stato recentemente ricevuto in maniera vergognosa dai musulmani.
Cos’è accaduto?
Non ricordo tutti i dettagli specifici, ma questo incidente è avvenuto a Tripoli, in Libia, dove il rappresentante del papa ha voluto pregare con i musulmani. I musulmani hanno rifiutato e hanno tirato dritto pregando nella loro maniera, lasciando il rappresentante spiazzato, non sapendo cosa fare. Questo dimostra l'ingenuità di questi cattolici liberali che pensano che sia sufficiente andare a parlare con questi musulmani per far immediatamente accettare loro un compromesso della propria religione. Il solo fatto di voler avere a tal fine uno stretto rapporto con i musulmani attira il disprezzo degli stessi verso di noi. È assodato che i musulmani non cambieranno nulla della loro religione; è assolutamente fuori discussione. Se i cattolici vanno ad equiparare la nostra religione con la loro, essi ottengono solo confusione e disprezzo da parte loro, che interpretano ciò come un tentativo di screditare la loro religione e non preoccuparsi della nostra religione. Essi sono di gran lunga più rispettosi con coloro che dicono: “Io sono un cattolico; non posso pregare con voi perché non abbiamo le stesse convinzioni”. Questa persona è più rispettata dai musulmani in confronto a chi sostiene che tutte le religioni sono uguali, che tutti crediamo le stesse cose, che tutti abbiamo la stessa fede. Essi si sentono insultati da questi.
Ma il Corano non contiene versi commoventi di encomio verso Gesù e Maria?
L’Islam accetta Gesù come profeta e ha un grande rispetto per Maria, e questo pone certamente l’Islam più vicino alla nostra religione rispetto, per esempio, al Giudaismo, che è molto più lontano da noi. L’Islam è nato nel VII secolo e ha tratto vantaggio, fino a un certo punto, degli insegnamenti cristiani di quel tempo. Il Giudaismo, al contrario, è l'erede dell’apparato* che ha crocifisso il nostro Dio, ed i membri di questa religione, che non si sono convertiti a Cristo, sono quelli che si sono opposti radicalmente al nostro Dio Gesù Cristo. Per loro non è una questione qualunque riconoscere Nostro Signore. Su questo punto loro sono in contrapposizione alla fondazione ed esistenza della vera Fede cattolica. Comunque, non possiamo essere entrambi nel giusto. O Gesù Cristo è il Figlio di Dio e il Signore e Salvatore o non lo è. Si tratta di un caso dove non ci può essere il minimo compromesso senza distruggere il fondamento stesso della Fede cattolica. Questo non vale solo per le religioni che sono direttamente contrarie alla divinità di Gesù Cristo come Figlio di Dio, ma anche per le religioni che, senza opporsi a Lui, non Lo riconoscono come tale.
Quindi Lei è molto sicuro e dogmatico su questo punto?
Completamente dogmatico. Ad esempio, i musulmani hanno un modo molto diverso dal nostro di concepire Dio. La loro concezione di Dio è molto materialistica. Non è possibile dire che il loro Dio è come il nostro stesso Dio.
Ma Dio non è lo stesso Dio per tutte le persone del mondo?
Sì. Io credo che Dio è lo stesso Dio per l'universo intero, secondo la Fede della Chiesa cattolica. Ma la concezione di Dio differisce notevolmente da religione a religione. La nostra Fede cattolica è la sola e unica vera Fede. Se non vi si aderisce appieno, non ci si può professare cattolici. La nostra Fede non possiamo comprometterla in alcun modo col mondo. Il Dio secondo i musulmani dice: “Quando andrai in Paradiso, sarai cento volte più ricco di come sei ora sulla terra. Questo vale anche per il numero delle mogli che hai qui sulla terra”. Questa concezione di Dio è ben lungi quella del nostro Dio e Salvatore.
Perché Lei dà più importanza al Papa San Pio V che al Papa Paolo VI? Dopotutto sono entrambi papi. Non accetta la dottrina dell'infallibilità papale? Pensa che questa dottrina valga più per l’uno che per l’altro?
Constato che il Papa San Pio V ha voluto impegnare la sua infallibilità, perché ha usato tutte le condizioni che tutti i papi hanno usato tradizionalmente e generalmente quando hanno voluto manifestare la loro infallibilità. D'altra parte Papa Paolo VI disse, egli stesso, che non ha voluto usare la sua infallibilità.
Quando ha indicato ciò?



Lui ha indicato ciò non impegnando la sua infallibilità su alcuna questione di fede, contrariamente a quanto hanno fatto tutti gli altri papi in tutta storia. Nessuno dei decreti del Concilio Vaticano II fu pubblicato con il peso dell'infallibilità. Inoltre, egli non ha mai impegnato la sua infallibilità in merito alla Messa. Quando egli [Paolo VI] decise di permettere a questa nuova Messa di essere affibbiata al fedele, egli non ha mai impiegato termini che sono stati utilizzati da Papa San Pio V. Io non posso comparare i due atti di promulgazione perché sono completamente diversi.
Papa Paolo VI ha mai detto di non credere nell’infallibilità papale?
No. In verità non ha mai detto questo categoricamente. Ma Papa Paolo VI è un liberale e non crede nella fissità dei dogmi. Egli non crede che un dogma debba rimanere immutato per sempre. Egli è per delle evoluzioni secondo i desideri degli uomini. Egli è per i cambiamenti che hanno origine nelle fonti umaniste e moderniste, ed è per questo che ha così tanta difficoltà nel fissare una verità per sempre. Infatti è contrario ad agire così in prima persona ed è [stato] molto a disagio ogni volta che questi casi si sono presentati. Questo atteggiamento riflette lo spirito modernista. Il Papa, fino ad oggi, non ha mai impiegato la sua infallibilità in materia di Fede e di Morale (n.d.r.: ciò riguarda l’infallibilità solenne e straordinaria).
Ha affermato il Papa stesso di essere un liberale o modernista?
Sì. Il Papa ha manifestato questo nella stessa natura non dogmatica del Concilio. L’ ha anche affermato chiaramente nella sua enciclica “Ecclesiam suam”. Egli ha dichiarato che non voleva che le sue encicliche definissero le questioni, ma che desiderava che fossero accettate come consiglio e potessero portare ad un dialogo. Nel suo Credo, (n.d.r.: la celebre professione di Fede conservatrice del “Credo nel popolo di Dio”, 1968) , disse che non voleva impiegare la sua infallibilità, il che mostra chiaramente quali sono i suoi orientamenti.
Lei pensa che questa evoluzione verso il dialogo le permetta di essere in disaccordo con il Papa?
Sì. Dal punto di vista liberale loro dovrebbero, coerentemente, permettere questo dialogo. Quando il Papa non usa la sua infallibilità in materia di Fede e di Morale, si è molto più liberi di discutere le sue parole e i suoi atti. Dal mio punto di vista, io sono obbligato ad oppormi a ciò che è successo, perché sovverte gli insegnamenti infallibili dei papi più di 2.000 anni. Comunque, io non sono favorevole a simili discussioni, perché non si può seriamente discutere sulla verità della Fede cattolica. Quindi questo è davvero un dialogo capovolto, a cui sono costretto.
Che cosa accadrebbe se il Papa improvvisamente utilizzasse la sua infallibilità per ordinarle di obbedirgli? Che cosa farebbe?
Nella misura in cui il Papa impiega la sua infallibilità come successore di San Pietro, in modo solenne, allora lo Spirito Santo non gli permetterebbe di cadere in errore. Naturalmente seguirei il Papa.
Ma se il Papa invocasse la sua infallibilità per confermare i cambiamenti cui lei ora si oppone, quale sarà il suo atteggiamento allora?
La questione non si pone neppure, perché, fortunatamente, lo Spirito Santo è sempre lì, e lo Spirito Santo farebbe in modo che il Papa non usi della sua infallibilità per qualche cosa che sarebbe contrario alla dottrina della Chiesa cattolica. È per questa ragione che il Papa non impiega la sua infallibilità, perché lo Spirito Santo non permetterebbe che tali cambiamenti avvengano sotto l'imprimatur dell'infallibilità.
Che cosa succederebbe se ciò dovesse avvenire?
È inconcepibile, ma se accadesse, la Chiesa cesserebbe di esistere. Il che significherebbe che non ci sarebbe Dio, perché Dio sarebbe in contraddizione con se stesso, il che è impossibile.
Il fatto che Papa Paolo VI occupi il posto di San Pietro non è abbastanza per lei per tener conto di ciò che il pontefice, come Vicario di Cristo sulla terra, le chiede di fare, così come ad altri cattolici?
Purtroppo questo è un errore. Si tratta di un malinteso dell'infallibilità papale, in quanto fin dal Concilio Vaticano I, quando il dogma dell'infallibilità fu proclamato (1870), il papa era già infallibile. Questa non è stata un'invenzione improvvisa. L'infallibilità venne compresa molto meglio allora di quanto non lo sia ora, perché era risaputo che il papa non era infallibile a priori su qualsiasi cosa. gli era infallibile solamente nelle questioni ben specifiche di Fede e Morale. A quel tempo, molti nemici della Chiesa facevano tutto il possibile per ridicolizzare questo dogma e propagare idee sbagliate. Ad esempio, i nemici della Chiesa dicevano all'inconsapevole e all’ingenuo che se il papa avesse detto che un cane era un gatto, era dovere dei cattolici accettare ciecamente questa posizione, senza batter ciglio. Naturalmente questa era un'interpretazione assurda e i cattolici lo sapevano. Oggi gli stessi nemici della Chiesa, ora che serve al loro scopo, stanno lavorando alacremente affinché qualsiasi cosa dica il papa venga accettato, senza domande, come infallibile, più o meno come se le sue parole fossero pronunciate da Nostro Signore Gesù Cristo stesso. Questa concezione, anche se ampiamente promossa, è tuttavia completamente falsa. L'infallibilità è estremamente limitata e attinente solo casi molto specifici che il Vaticano I ha ben definito al dettaglio. Non è possibile dire che ogni qualvolta il papa parla è infallibile. Il fatto è che questo Papa è un liberale, che tutto questo andazzo liberale ha preso piede durante il Concilio Vaticano II, e ha tracciato un sentiero che porta alla distruzione della Chiesa; una distruzione che potrebbe avvenire da un momento all’altro. Dopo che tutte queste idee liberali si sono infiltrate nei seminari, nei catechismi, e in tutte le manifestazioni della Chiesa, ora mi si chiede di allinearmi con queste idee liberali. Poiché non mi sono allineato con queste idee liberali che distruggerebbero la Chiesa, si tenta di sopprimere i miei seminari. Ed è per la stessa ragione che mi si ingiunge di non ordinare più preti. Viene esercitata su di me una pressione enorme affinché mi allinei e accetti questo orientamento della distruzione della Chiesa, un percorso che io non posso seguire. Non accetto di essere in contraddizione con ciò che i papi hanno affermato per XX secoli. O i miei sostenitori ed io obbediamo a tutti i papi che ci hanno preceduto o obbediamo al Papa presente. Se lo facciamo [obbedire al Papa presente, cioè Paolo VI], disubbidiamo poi a tutti i papi che ci hanno preceduto. In conclusione finiamo per disubbidire alla Fede cattolica e a Dio.
Ma come i vescovi [di prima] obbedirono ai papi dei loro tempi, lei non dovrebbe obbedire al papa di oggi?
I vescovi non devono obbedire agli ordini umanisti che contraddicono la Fede cattolica e la dottrina stabilita da Gesù Cristo e da tutti i vari papi nel corso dei secoli.
Allora ha deliberatamente scelto di disobbedire all’attuale Papa?
È stato un esame di coscienza e una scelta dolorosa, perché gli eventi hanno veramente portato alla scelta di disobbedire piuttosto che obbedire. Sto facendo questa scelta senza dubbio o esitazione. Ho scelto di disubbidire al Papa attuale per poter essere in comunione con 262 papi [precedenti]. La sua indipendenza è stata attribuita da molti ad una tradizione gallicana. (n.d.r. Il Gallicanesimo era un movimento francese di resistenza all’autorità papale. Vi erano due aspetti del Gallicanesimo, regale ed ecclesiastico. Il primo affermava i diritti del Monarca francese sulla Chiesa cattolica francese; il secondo affermava i diritti dei concili generali sul papa. Ambedue furono condannati come eresie dal primo Concilio Vaticano, nel 1870). Al contrario, io sono completamente romano e niente affatto gallicano. Sono per il papa come successore di San Pietro a Roma. Tutti noi chiediamo che il Papa sia, infatti, il successore di S. Pietro, non il successore di J. J. Rousseau, dei Massoni, degli umanisti, dei modernisti e dei liberali.
Dal momento che lei ha detto che queste idee sono state ampiamente diffuse e accettate in tutto il mondo, anche all'interno della Chiesa, non crede di caricarsi di un fardello troppo pesante? Come pensa la Fraternità San Pio X di contrastare un andamento del genere che sembra schiacciante?
Confido nel Nostro Dio il Salvatore. I preti della Fraternità San Pio X hanno fiducia in Nostro Signore e non ho dubbi che Dio abbia ispirato tutti noi. Tutti coloro che lottano per la vera Fede hanno il pieno sostegno di Dio. Naturalmente, rispetto al “Golia” liberale, noi siamo un ben piccolo “Davide”. Io potrei morire domani, ma Dio sta permettendomi di vivere un poco più a lungo, permettendomi di aiutare gli altri nella lotta per la vera Fede. È già accaduto nella Chiesa. I veri cattolici hanno dovuto adoperarsi per la sopravvivenza della Fede, pena l’obbrobrio generale e la persecuzione di coloro che fingevano di essere cattolici. È il misero prezzo da pagare per essere dalla parte di Gesù Cristo.
Quando è accaduto ciò?
E’ successo con il primo Papa! San Pietro stava conducendo i fedeli in errore con il suo cattivo esempio di seguire le prescrizioni mosaiche. San Paolo rifiutò di obbedire a questo errore e si oppose a lui. San Paolo fu umilmente ascoltato, e San Pietro tornò sui suoi passi. (Galati II). Nel quarto secolo, S. Atanasio si rifiutò di obbedire agli ordini di Papa Liberio. A quel tempo, la Chiesa era stata infettata dalle idee dell'eresia ariana e il papa era stato spinto ad abbracciarle. S. Atanasio si mise alla testa dell’opposizione a questa deviazione della dottrina della Chiesa. Egli fu attaccato spietatamente dalla gerarchia. Fu sospeso. Quando si rifiutò di sottomettersi, fu scomunicato. Infine l'opposizione all'eresia montò di colpo, e alla morte di Papa Liberio, un nuovo papa occupò il posto di S. Pietro. Egli riconobbe che la Chiesa era in debito con S. Atanasio. La scomunica fu revocata e il santo fu riconosciuto come un salvatore della Chiesa e venne canonizzato. Nel settimo secolo, Papa Onorio favorì l'eresia monotelita, con la proposizione che Gesù Cristo non possedeva una volontà umana e di conseguenza non era vero uomo. Molti cattolici che conoscevano la dottrina della Chiesa rifiutarono di accettare ciò e fecero tutto il possibile per fermare la diffusione di questa eresia. Il Concilio di Costantinopoli condannò Onorio nel 681 e lo anatemizzò. Vi sono molti altri esempi di questo tipo, in cui i veri cattolici si opposero fermamente contro un’apparente maggioranza schiacciante, pur di non distruggere o cambiare la Chiesa, ma per mantenere la vera Fede. Io non tengo in considerazione la disparità schiacciante. Uno degli obiettivi principali della nostra Fraternità è quello di ordinare sacerdoti, veri sacerdoti, in modo che il Sacrificio della Messa continui; in modo che la Fede cattolica continui. Naturalmente alcuni vescovi ci attaccano e ci criticano. Alcuni tentano di contrastare la nostra missione. Ma tutto questo è solo temporaneo, perché quando tutti i loro seminari saranno vuoti, (già ora sono quasi vuoti), cosa faranno i vescovi? Allora non ci saranno più sacerdoti.
Perché pensa che non ci saranno più preti?
Perché i seminari di oggi non stanno insegnando nulla per la formazione di un sacerdote; loro insegnano la psicologia liberale, la sociologia, l'umanesimo, il modernismo e molte altre scienze e semi-scienze che sono contrarie alla dottrina cattolica o non hanno niente a che fare con gli insegnamenti della Chiesa o con quello che dovrebbe sapere un prete. Per quanto riguarda gli insegnamenti cattolici, difficilmente vengono insegnati nei seminari di oggi.
Cosa viene insegnato nei seminari di oggi?
Per esempio, in un seminario di New York i professori di teologia stanno insegnando ai seminaristi che “Gesù non vide chiaramente quello che sarebbe stato il risultato della Sua morte di Croce”; che: “Nessuno è così completamente coerente da non dire qualcosa che risulti in disaccordo con ciò che ha detto in passato. Questo vale anche per Gesù”; che “Giuseppe potrebbe essere stato il padre naturale di Cristo”; e un altro professore insegna che: “Uno psichiatra raccomanda le relazioni sessuali ed extramatrimoniali come una cura per l’impotenza, io sono aperto in questo campo e non chiuso alla possibilità”.
Queste asserzioni sono documentate e registrate?
Sì.
Sono state portate all'attenzione della gerarchia?
In numerose occasioni.
La gerarchia ha fatto qualcosa per porre fine a questi e simili insegnamenti?
Non che io sappia.
Si sente mai solo e isolato?
Come posso sentirmi isolato quando sono in comunione con 262 papi e l’intera Fede cattolica? Se si intende solo fra gli altri vescovi, la risposta è no . Difficilmente passa giorno che io [non] riceva comunicazione da vescovi, preti, laici di diverse parti del mondo che mi esprimono appoggio e incoraggiamento.
Perché non si espongono pubblicamente e la sostengono?
Come ho già detto in precedenza, molti (vescovi) vogliono tenere il loro posto, in modo da essere in una posizione utile per fare qualcosa qualora dovesse sorgere l’occasione.
La sua posizione la divide ulteriormente dalle altre confessioni cristiane?
Niente affatto. Solo cinque giorni fa, dei capi ortodossi sono venuti a trovarmi per esprimere il loro appoggio per la nostra posizione.
Perché dovrebbero esprimere appoggio quando invece lei dice che lei ha ragione e loro hanno torto?
È proprio perché la mia posizione è chiara che mi sostengono. Molte altre confessioni cristiane hanno sempre guardato a Roma come ad una sorta di ancora stabilizzante in un mondo tumultuoso. Loro sentivano che qualunque cosa accadesse Roma era sempre là, eterna, immutabile. Questa presenza dava loro conforto e fiducia. Ancora più sorprendenti sono i leader islamici che si sono congratulati vivamente con me per la mia posizione, anche se loro sanno perfettamente che io non accetto la loro religione.
La carità cristiana non tenterebbe di evitare di indurire le differenze e divisioni che potrebbero essere appianate?
Le differenze e le divisioni fanno parte di questo mondo. L'unità della Chiesa può essere acquisita soltanto con l’esempio e il costante impegno per la nostra Fede cattolica. La carità comincia con la fedeltà alla propria Fede.
Che cosa le fa credere che un numero significativo di ortodossi, protestanti o musulmani la sostengano?
A parte i contatti diretti, i frequenti contatti che queste persone hanno avuto con me; vi è stato, per esempio, un ampio sondaggio condotto da un noto giornale di Parigi, e sono stati interrogati i membri di queste varie confessioni. Il risultato è stato che, lungi dal trovare la nostra fede offensiva o minacciosa per loro, ammiravano la posizione chiara che stiamo mantenendo. Al contrario essi mostrano disprezzo assoluto per tutti quei cattolici liberali che stanno tentando di fare un miscuglio della nostra Fede cattolica e della loro religione.
Il Papa non l' ha invitata a riconciliarsi? Ha accettato questo invito?
Ho chiesto di vedere il Papa lo scorso agosto. Il Papa ha rifiutato, a meno che non avessi firmato una dichiarazione di accettare incondizionatamente tutte le risoluzioni del Concilio Vaticano II (n.d.r.: gli è stato anche chiesto di accettare tutti gli “orientamenti” post-conciliari). Mi piacerebbe molto vedere il Papa, ma non posso firmare risoluzioni che spianano la strada alla distruzione della Chiesa. (n.d.r.:, più tardi, in quello stesso anno, all'Arcivescovo è stato accordata una breve udienza col nuovo Papa, Giovanni Paolo II).
Come si può essere fedeli alla Chiesa e disubbidienti al Papa?


 Si deve capire il significato dell'obbedienza e si deve distinguere tra l'obbedienza cieca e la virtù dell'obbedienza. L'obbedienza indiscriminata è in realtà un peccato contro la virtù dell'obbedienza. Quindi noi disubbidiamo al fine di praticare la virtù dell'obbedienza, piuttosto che sottometterci a comandi illeciti contrari agli insegnamenti morali cattolici; tutto ciò che ciascuno deve fare è consultare qualsiasi libro di teologia cattolica per comprendere che noi non stiamo peccando contro la virtù dell'obbedienza.

Da: marcellefebvre.blogspot.it